sabato 24 dicembre 2011

14.12.2011 - Eliminare il razzismo dalla storia


Dichiarazione del presidente nazionale dell’Arci Paolo Beni e del responsabile immigrazione Filippo Miraglia

Quanto successo nei giorni scorsi a Torino e Firenze deve indurre tutti a una riflessione che non può esaurirsi nella pur sacrosanta indignazione.

Quegli episodi parlano di un imbarbarimento profondo delle relazioni umane, di un malessere sociale che ha superato il livello di guardia.

Pesano sicuramente anni di politiche sull’immigrazione, a livello governativo e non solo, basate sulla discriminzione, spesso la persecuzione, delle persone straniere e delle minoranze, legittimate, agli occhi di gran parte dell’opinione pubblica, da un’operazione culturale che ha scavato in profondità, alimentando paure e trasformando le “gli altri” in capro espiatorio di tutti i guasti di una società in difficoltà.

Ma pesano anche vent’anni di berluscoinismo, che lasciano un paese più segnato dalle ingiustizie sociali, più frammentato, meno coeso, più ‘incattivito’ dalla mancanza di un futuro in cui sperare, per sé e per i propri figli. E’ dentro questo quadro di macerie sociali e culturali che vanno letti anche questi ultimi terribili episodi di razzismo.

Serve una vera e propria rivoluzione culturale, sostenuta da scelte concrete, in primo luogo da parte di chi ha responsabilità di governo a tutti i livelli, poi da parte della stampa che in questi anni ha svolto in prevalenza un ruolo negativo e infine anche da parte delle organizzazioni sociali e dei singoli cittadini. Scelte di segno completamente diverso a quelle fatte finora.

Che differenza c’è, nell’immaginario collettivo, tra la notizia di un campo rom raso al suolo da una ruspa inviata da un’amministrazione comunale o distrutto da un incendio doloso? Il messaggio che arriva è lo stesso ed è un messaggio che parla di indesiderabili, “eccedenza umana”. Bisogna fermare gli uni e gli altri. I delinquenti incendiari vanno perseguiti, ma a loro volta gli sgomberi devono cessare, individuando con i diretti interessati soluzioni dignitose alternative ai campi, che invece determinano di fatto da anni una nuova forma di apartheid.

Così come gli assassinii di Firenze non possono essere derubricati a gesto di un folle. Non si è sparato a caso sulla folla, le vittime erano senegalesi e ambulanti. C’entrerà qualcosa la provenienza politica di estrema destra dell’assassino e le ripetute campagne contro gli ambulanti di molte amministrazioni pubbliche, o no?

Allora a tutti, ma proprio a tutti, semplici cittadini, associazioni che lavorano a fianco dei migranti, istituzioni spetta il difficile compito di capire con quali strumenti si contrasta questa nuova ondata razzista.

Da parte nostra, non possiamo che unirci al dolore dei familiari delle vittime, esprimere la nostra vicinanza ai rom di Torino, partecipando a tutte le iniziative di protesta già indette.

Il 17 e 18 saranno anche due giornate di raccolta straordinarie delle firme per le due proposte di legge di iniziativa popolare promosse dalla Campagna l’Italia sono anch’io. Ci saranno centinaia di iniziative, a cui parteciperemo con un segno di lutto al braccio e che dedicheremo alle troppe vittime di razzismo che ancora segnano questo nostro tempo.

Luciana Castellina nominata ufficiale dell'Ordine delle Arti e delle Lettere dal ministro della cultura francese


Il ministro della cultura francese Frédéric Mitterand ha nominato la nostra Luciana Castellina ufficiale dell'Ordine delle Arti e delle Lettere in una cerimonia tenutasi presso l'Accademia di Francia a Roma. L'onoreficenza, andata negli anni a importanti personalità internazionali, è stata consegnata alla presidente onoraria di Cineuropa.org per la sua attività di europarlamentare, giornalista e scrittrice che si è battuta in particolare per il cinema europeo e l'eccezione culturale.

venerdì 23 dicembre 2011

Rifondare l’Europa con la democrazia partecipativa

Ormai è quasi banale dire che lo stato di emergenza in cui ci troviamo è l'insieme di tante e differenti crisi. La strutturale carenza di democrazia dell'Unione Europea è una delle principali cause dell'incapacità di difendersi dagli attacchi speculativi e di impostare politiche comuni per ricostruire benessere. A rischio, per il basso tasso di democrazia, è la stessa Unione, lacerata dagli interessi nazionali. Fra le popolazioni risorge l'euro-scetticismo, e perfino l'ostilità fra paesi. Per questo ha molto senso continuare a battersi perché l'Ue riconosca il ruolo della società civile organizzata e applichi l'articolo 11 del Trattato di Lisbona, che riconosce la democrazia partecipativa come elemento fondante del sistema. Questa è la mission del Forum Civico Europeo, una rete a cui aderiscono più di cento associazioni dell'est e dell'ovest. Lavora presso le istituzioni europee per il pieno riconoscimento del ruolo dell'associazionismo, per la democrazia partecipativa, per l'appropriazione civica dell'Europa da parte delle energie vere di cittadinanza. Il FCE, presieduto da Jean Marc Roirant della Ligue de l'Einsegnement, ha quattro vicepresidenze di cui una affidata all'Arci. Coordina il Liaison Group, la rete delle venti grandi reti tematiche europee di società civile, nell'ambito del Comitato Economico e Sociale Europeo, che è l'unica sede istituzionale dove è ufficialmente statuita presenza e ruolo delle associazioni, anche se in modo insufficiente. Il Forum sta lavorando per cercare di allargare e rafforzare la 'rete di reti' europee, coinvolgendo anche l'associazionismo nazionale e locale, e costruendo connessione fra le reti formali, quelle informali e di movimento. Una priorità per il prossimo anno sarà far sì che la Commissione sciolga gli ultimi nodi e dichiari il 2013 Anno Europeo dei Cittadini. In questi mesi si costruirà una grande Alleanza di Società Civile, aperta a tutti i soggetti associativi europei, per preparare le iniziative. Il percorso si realizzerà in collaborazione con il Consiglio delle Municipalità e Regioni Europee e prevede che nel 2013 le associazioni di tutta Europa, insieme agli Enti Locali, diano vita a una carovana europea della cittadinanza. L'anno europeo è un modo per imporre l'associazionismo sulla scena europea, a fronte di una Commissione che continua a interpretare il concetto di cittadinanza solo in riferimento ai diritti individuali. Prosegue poi la campagna per lo statuto di associazione europea, dopo che 380 parlamentari hanno firmato l'appello del FCE e imposto così alla Commissione di affrontare la questione. Siamo quasi gli unici a non poter fondare soggetti europei - cosa che da tempo è possibile, guarda caso, alle aziende. I prossimi incontri si terranno in occasione di eventi europei. In marzo, a Bruxelles, ci sarà l'assemblea per la Giornata della Società Civile; in Danimarca, a maggio, un grande forum con mille attivisti di tutti i paesi europei che si riuniranno per un dibattito sul futuro del pianeta e il ruolo dell'Europa in preparazione di Rio+20, il vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile che si terrà in Brasile a giugno. A settembre anche Cipro ospiterà un Forum della Società Civile.
Raffaella Bolini

giovedì 22 dicembre 2011

Governo Monti: una manovra iniqua e recessiva

Non ci è dato sapere il mestiere dello zio di Bonanni, ma sicuramente sono più conosciute le provenienze dei ministri del nuovo governo. La manovra che, secondo le dichiarazioni di Monti, dovrebbe essere approvata entro Natale, ammonterà a regime nel 2014 a circa 48 miliardi di euro, quasi il 2,5 per cento del PIL attuale. Analizzata nei suoi provvedimenti principali, appare subito evidente che le risorse vengono in gran parte recuperate dalle fasce di popolazione economicamente e non solo più deboli. Ma non basta. La manovra viene considerata da molti anche recessiva. Il sito di economisti lavoce.info intitola un articolo di Sergio de Nardis: ‘Sarà recessione. E sarà grave.’ La CGIA di Mestre calcola che la pressione fiscale aumenterà nel 2014 fino al 44,1%. «Iniqua e recessiva» sono le parole usate da Susanna Camusso, a commento del provvedimento, ed è difficile non condividerle: quasi tutti i sondaggi indicano che più del 60% degli italiani la pensano allo stesso modo. Non essendo prevista una vera patrimoniale, auspicata da molti, il peso ricade sui soliti noti. È quindi importante approfondire, senza pregiudizi ma con attenzione, i principali provvedimenti. La manovra produrrà per il 60% nuove entrate e per il 40% agisce sulla riduzione della spesa, anche grazie alla progressiva privatizzazione di società come Eni, Enel, Terna, Finmeccanica, un vero piano di dismissioni delle partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali. Dovrebbe inoltre contribuire alla riduzione della spesa anche il taglio ai costi della politica, per ora poco incisivo. Nel capitolo relativo alle entrate, il taglio delle agevolazioni fiscali peserà in particolare sulle economie familiari medio-basse.

Considerando la quantità di working poors, forte è il timore che aumentino i nuovi poveri anche tra le famiglie del ceto medio, spesso destinatarie di quelle agevolazioni. Stesso discorso per l’aumento delle aliquote IVA del 4%, tra l’altro molto legate al mondo della produzione artistico-culturale, a noi vicino. Anche la reintroduzione del ticket di 10 euro contribuisce a spostarne il peso verso i più deboli. Se aggiungiamo i provvedimenti su Ici e previdenza, è ancor più evidente chi pagherà la crisi, con una sottolineatura per donne e giovani precari, in un Paese in cui la percentuale di giovani disoccupati, già tra le più alte d’Europa, è in costante aumento. Se poi pensiamo all’ulteriore stretta sui Patti di Stabilità per gli Enti Locali, tremiamo all’idea di cosa accadrà alle politiche sociali e culturali di Regioni e Comuni. Avremmo voluto vedere un netto cambio di rotta rispetto alle ricette finora seguite in Italia e in Europa per affrontare la crisi che è economica, ma anche culturale e sociale. Crisi di degenerazione delle relazioni umane e sociali delle nostre comunità, col rischio - e lo stiamo vedendo - di pericolosi scivolamenti verso la guerra tra poveri, la paura del diverso, il razzismo...

Ci sarebbe piaciuto scommettere su politiche di sviluppo attente alla cura dei Beni Comuni e alla loro pubblicizzazione, agli investimenti sulla messa in sicurezza del territorio e del paesaggio. La rigenerazione urbana, l’investimento sulla sicurezza ambientale delle nostre città, la valorizzazione dei territori, delle eccellenze presenti, le imprese artigiane e contadine. Fuori dalla retorica della green economy, ma con scelte che in altri Paesi europei rappresentano il simbolo di una riconversione ambientale dell’economia, che inizia a produrre salute generale e occupazione. Ed ecco allora che diventa basilare capire quanto la nostra associazione, soprattutto i nostri circoli, siano fondamentali in questa fase, da un lato come presidi di socialità solidale, dall’altro come laboratori di cambiamento, sia di stili di vita e pratiche di consumo, sia soprattutto di nuova economia, alternativa, no profit, ma inseriti nel più generale contesto profit, che però deve cambiare anch’esso: non alla ricerca di una ‘umanizzazione’ di questa economia, ma verso la pratica di una altra economia, più solidale, più giusta, che protegga l’ambiente e di chi lo abita.

domenica 4 dicembre 2011

ARCI CALYPSO SAVA


MORRISON NIGHT
Manduria - Mercoledì 7 dicembre
ore 20,30
Angelè Pub

sabato 3 dicembre 2011

sabato 19 novembre 2011

MEDIMEX

L’ARCI al Medimex 2011 con la XV edizione del MEI – Meeting degli Indipendenti a Bari dal 25 al 27 novembre

Per la XV edizione del MEI , che si svolgerà dal 25 al 27 novembre 2011 nell’ambito della fiera mediterranea Medimex di Bari, l’Arci porta il progetto di musica dal vivo Arci Real, rete di spazi ed artisti. Sarà l’occasione per parlare di musica, dei suoi problemi e delle sue potenzialità, con amici e protagonisti del settore. Porteremo la nostra esperienza di grande rete diffusa di spazi e festival di musica dal vivo per costruire un progetto culturale che mette al centro gli artisti e l’accesso alla cultura per un Paese che ha bisogno di ritrovare se stesso.

Italiarazzismo


http://www.italiarazzismo.it/

martedì 23 agosto 2011

Un nuovo circolo a San Giorgio


Un nuovo circolo Arci a San Giorgio Jonico.
L'Arci da il benvenuto al Circolo Arci HASTAVANNA.

domenica 17 luglio 2011

A Genova per riprendere il filo di una ricerca comune e il cammino verso un altro mondo possibile

Dieci anni fa, sull'onda delle suggestioni che riecheggiavano dal primo Forum Sociale di Porto Alegre, riempimmo le strade di Genova per contestare i potenti del G8 e denunciare le contraddizioni di una globalizzazione sbagliata. Le voci di una nuova coscienza civile irrompevano nella scena pubblica demolendo le certezze del pensiero unico. Quella che ci ispirava era un'idea semplice e rivoluzionaria: le grandi questioni del mondo non sono prerogativa esclusiva di stati e governi ma chiamano in causa il diritto di ogni essere umano a decidere del proprio futuro. Parlavamo di giustizia sociale, diritti umani, democrazia, sviluppo sostenibile, pace e cooperazione fra i popoli. Fummo aggrediti dallo Stato con una repressione brutale, senza precedenti nella storia repubblicana. Ma il tentativo di criminalizzarci non riuscì, perché quel movimento seppe evitare la spirale della violenza e difendere la sua autonomia. E in tutti questi anni ha continuato a intrecciare relazioni, riunire esperienze e culture diverse, seminare pensiero critico, diffondersi in mille vertenze e pratiche sociali. Avevamo visto giusto, perché ciò che allora paventavamo oggi sta accadendo. Avevamo ragione a sostenere che il mito liberista della crescita infinita è una follia, che il saccheggio delle risorse naturali avrebbe prodotto disastri; che l'arbitrio di un mercato senza regole avrebbe calpestato i diritti umani e impoverito milioni di persone; che il mondo sarebbe diventato ingovernabile senza una politica capace di mediare gli interessi in nome del bene comune; che le guerre non avrebbero portato più democrazia, ma altre ingiustizie e nuovi conflitti. Oggi tutto ciò è più chiaro agli occhi di tanti, ma anche questo non basta. Di fronte a una crisi dalla portata epocale, che è al tempo stesso economica, sociale, ambientale, culturale e democratica, dobbiamo cercare nuove risposte. Ripensare il rapporto con la natura, le risorse, il lavoro, i consumi; prendere atto dell'interdipendenza fra gli esseri umani, fra i contesti locali e la dimensione planetaria dei problemi; imparare a convivere e condividere; ripensare l'idea di sviluppo e gli indicatori del benessere dell'umanità. Ad ogni latitudine il mondo si interroga sulla possibilità di cambiare strada, e oggi le rivoluzioni della primavera araba ci dicono che il cambiamento può partire proprio dal sud del mondo. Popoli rapinati e oppressi da vecchi e nuovi colonialismi mettono a nudo il fallimento del liberismo e ci indicano la rotta di un'altra storia possibile: lotta alla povertà, sovranità alimentare, beni comuni, istruzione, libertà, democrazia. La storia ci insegna che dalle grandi crisi si può uscire con più diritti o più ingiustizie, con più democrazia o più autoritarismo, col progresso o l'arretramento di civiltà. L'esito non è scontato, e non saranno solo i governi e i poteri economici a scriverlo, ma anche le società che si fanno protagoniste del cambiamento. Per questo torniamo a Genova, per riprendere insieme a tanti e diversi soggetti sociali, il filo di una ricerca comune e il cammino verso un altro mondo possibile.


Per il programma delle iniziative clicca qui: http://www.genova2011.org/

Arci "Il Ponte" di Ginosa - 6ª edizione Terre de U’ Munachicchie

Per il programma cliccate:
http://www.arcipikkia.it/start/index.php?option=com_content&view=article&id=207:vi-festa-terre-de-u-munachicchie&catid=39:ora-dalla-nostra-sede

sabato 16 luglio 2011

16.06.2011 - L’Italia sono anch’io: la Campagna per i diritti di cittadinanza e il diritto di voto per le persone di origine straniera





Prende il via L’ITALIA SONO ANCH’IO, la Campagna nazionale promossa, nel 150° anniversario dell’unità d’Italia, da 19 organizzazioni della società civile (Acli, Arci, Asgi-Associazione studi giuridici sull’immigrazione, Caritas Italiana, Centro Astalli, Cgil, Cnca-Coordinamento nazionale delle comunità d’accoglienza, Comitato 1° Marzo, Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani, Emmaus Italia, Fcei – Federazione Chiese Evangeliche In Italia, Fondazione Migrantes, Libera, Lunaria, Il Razzismo Brutta Storia, Rete G2 - Seconde Generazioni, Sei Ugl, Tavola della Pace, Terra del Fuoco,) e dall’editore Carlo Feltrinelli. Presidente del Comitato promotore è il Sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio.


15.07.2011 - L'allarme della coalizione “Abbracciamo la cultura”: oltre 100 milioni di tagli in tre anni

La coalizione “Abbracciamo La Cultura” esprime fortissima preoccupazione per gli effetti della ‘stangata’ varata dal Governo sul complesso delle politiche culturali del nostro Paese.

I tagli previsti per tutti Ministeri riguarderanno anche quello dei Beni e delle Attività Culturali, soprattutto per quanto riguarda le spese di struttura e di personale. Nella manovra sono previsti 55,2 milioni di euro di tagli in tre anni oltre alla richiesta di ridurre l’indebitamento netto di altri 54,4 milioni di euro. Si rischia il collasso di un dicastero che è già fortemente sotto organico e che rischia di non essere più in condizione di esercitare molte delle sue funzioni.
Drammatica la vicenda di Cinecittà Luce spa. Con la prevista trasformazione della società in srl con un capitale sociale ridicolo e con la dismissione del patrimonio di terreni e teatri di posa a Fintecna di fatto lo Stato italiano rinuncia ad avere un ruolo importante nella promozione e valorizzazione del nostro cinema buttando a mare competenze, professionalità, patrimonio.

Ancora più pesanti saranno gli effetti della manovra sulla tutela, valorizzazione e promozione dei beni e delle attività culturali dovuti ai tagli pesantissimi dei trasferimenti agli enti locali che saranno costretti a ridurre ulteriormente il loro intervento nel campo delle politiche culturali se vorranno garantire livelli di assistenza decenti ai cittadini. Sarà messo gravemente a rischio il diritto all’accesso e allo sviluppo della cultura sancito dall’articolo 9 della Costituzione!

A fronte di una situazione che si preannuncia drammatica, invocare il coinvolgimento dei privati per salvare i Beni Culturali del Belpaese sembra una presa in giro. Aziende in crisi, consumi in declino, un sistema Paese senza progetto di futuro non rendono credibile la possibilità di un consistente intervento di sostegno privato alla Cultura. Ma soprattutto, qual è la cornice dentro la quale si collocherebbe l’impegno delle aziende nella valorizzazione e tutela del patrimonio artistico? Stiamo svendendo il patrimonio culturale ai privati o siamo interessati ad un progetto pubblico dove i privati siano di supporto?
C’è bisogno di risposte certe e regole condivise con il maggior numero di soggetti che si occupano di promozione, valorizzazione, tutela del patrimonio culturale.

Il previsto inserimento tra le possibili scelte del contribuente dell’utilizzo del 5 per mille della sua tassazione per sostenere i beni culturali appare totalmente demagogico. Già quest’anno le organizzazioni di terzo settore e della ricerca hanno dovuto sostenere una battaglia durissima per ripristinare i fondi tagliati da Tremonti. Ci sembra davvero improbabile che suddividere ulteriormente questa torta già striminzita, potrà portare nuove rilevanti risorse per il settore culturale.

Inoltre, s’introduce la possibilità di cedere beni pubblici affidandosi solo al giudizio di congruità economica da parte dell’Agenzia del Demanio. Beni pubblici preziosi cedibili per estinguere debiti dei Ministeri e delle Amministrazioni statali. La Finanziaria infatti, contempla la possibilità di regolare crediti e debiti attraverso la cessione, senza evidenza pubblica ed espressa clausola di salvaguardia per i beni di carattere storico-archeologico e di rilevanza ambientale, di beni mobili e immobili antichi, preziosi, universalmente ritenuti “pubblici”. A ciò si aggiunge il Decreto Sviluppo in cui si prevede il silenzio assenso anche per le operazioni edilizie più complesse e abolisce l’obbligo d’informare il Ministero dei Beni Culturali di qualsiasi trasferimento dei beni vincolati. L’Amministrazione così non avrà più alcuna informazione su chi ha materialmente la disponibilità e la responsabilità di un bene vincolato. Il combinato disposto della manovra finanziaria, che depotenzia le strutture di controllo, e del Decreto Sviluppo rischia di allargare le maglie dell’abusivismo edilizio e aumentare il rischio idrogeologico.

Per non parlare della sicura diminuzione della spesa per la cultura dovuta alla stangata sui redditi più bassi per effetto del taglio delle detrazioni e deduzioni fiscali che deprimerà ulteriormente la capacità delle famiglie di poter partecipare alla vita culturale del Paese. Meno cultura, meno conoscenza, meno democrazia.

Per questi motivi “Abbracciamo la Cultura” ritiene che la manovra del Governo darà un ulteriore brutto colpo alle politiche culturali del nostro Paese. Contro la Costituzione, a danno della democrazia, della salvaguardia del territorio e del paesaggio, contro il diritto delle persone di accedere ai propri “diritti culturali”.

La coalizione “Abbracciamo La Cultura” e' nata per rafforzare il lavoro di tanti che a fronte dall'estrema e diffusa difficoltà dei settori che riguardano la tutela, la promozione, la valorizzazione dei beni e delle attività culturali si propongono l'obiettivo di rilanciare le politiche culturali nel nostro Paese attraverso proposte concrete e iniziative di sensibilizzazione.
Fanno parte della coalizione oltre 100 Associazioni tra cui ACLI Ambiente - AIB - ANA - ARCI - A.R.CO.BCI - ARR - AUSER - CGIL - CIA - - IA.CS - INU - LEGAMBIENTE – Lavoratori PIERRECI - UIL BAC – A.R.I. – Assotecnici – Ass. per L’Economia della Cultura - CSA PA BC Un. La Sapienza - WWF - FIteL - FIDAC - Ass. Naz. Guide Turistiche
Info: www.abbracciamolacultura.it

mercoledì 8 giugno 2011

QUATTRO SI PER IL FUTURO!




Quattro referendum, quattro SÌ: per impedire ai privati di speculare sull'acqua pubblica, per cancellare il nucleare dal futuro del Paese, per ribadire che la legge è uguale per tutti.
Hanno provato in ogni modo a impedircelo, perché hanno paura dell'opinione degli elettori.
Per evitare il referendum sul nucleare si sono inventati un decreto fasullo che solo l'arroganza e l'incompetenza di questo governo potevano concepire: la Corte di Cassazione, con una sentenza esemplare, ha smascherato la truffa e restaurato la legalità costituzionale.
Hanno provato a far fallire il quorum oscurando i referendum nelle televisioni e si sono presi un altro schiaffo dall'Agcom che ha richiamato la Rai ad una più corretta informazione.
Ora che finalmente il dibattito può entrare nel merito dei quesiti, il governo non ha più niente da dire. Imbarazzato, cerca di negare il valore politico del voto lasciando libertà di scelta agli elettori. E invece noi sappiamo bene che quello di domenica sarà davvero un voto decisivo.
Non perché abbia come oggetto le sorti del governo (questo sarà semmai un effetto collaterale),
ma perché la vittoria di quei SÌ imporrà al Paese una nuova agenda politica costruita attorno a temi decisivi per il futuro di tutti: la tutela e la cura dei beni comuni, la salute dei cittadini e dell'ambiente, una giustizia uguale per tutti.
Una nuova agenda politica costruita dal basso, da comitati, associazioni e movimenti che sui beni comuni lavorano da anni e che hanno animato la più grande campagna referendaria che si ricordi in Italia. Senza il sostegno di giornali e tv, senza sponsor politici (almeno nella prima fase) hanno imposto temi nuovi all'attenzione del Paese con una mobilitazione capillare e creativa: migliaia di banchetti, iniziative, flash mob, una vulcanica produzione di spot, cortometraggi, video autoprodotti che sono stati più forti del silenzio dell'informazione ufficiale.
Sta emergendo una nuova militanza politica. Quella di giovani, donne, lavoratori, studenti, indignati di ogni età e condizione sociale che nei mesi scorsi hanno rivitalizzato la scena pubblica del paese e hanno contribuito in modo decisivo alla vittoria della sinistra nell'elezione dei sindaci. L'inversione di tendenza è cominciata.
Domenica e lunedì abbiamo un'occasione storica per fare un altro passo avanti, e dimostrare che la partecipazione popolare può davvero incidere sulle scelte che contano e cambiare le cose.

domenica 24 aprile 2011

25 Aprile LIBERA TUTTI



















25 aprile 1945, la Resistenza per una nuova Costituzione - 25 aprile 2011 la Costituzione per una nuova resistenza.
Come ogni anno l'Arci e i suoi circoli saranno impegnati nelle celebrazioni del 25 aprile. Una data che assume quest’anno particolare significato per la coincidenza con il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Mai come oggi, infatti, c'è bisogno di tornare ad attingere ai valori che animarono la Resistenza per ritrovare il senso della coesione e dell’unità del Paese attorno ai principi della sua Costituzione democratica.
A questo scopo l'Arci ha realizzato una piccola pubblicazione chiamata W la Costituzione, con alcuni degli articoli fondamentali della nostra Carta Costituzionale illustrati a fumetti, che verrà distribuita nel corso delle tante iniziative promosse dai comitati e dai circoli di tutta Italia.

domenica 17 aprile 2011

Per Vittorio Arrigoni, umano giusto


Non c'è neppure stato il tempo di iniziare a mettere in fila le firme sul primo appello per la sua liberazione, che arrivavano a valanga nella notte da ogni angolo di Italia.Vittorio Arrigoni è stato ucciso a Gaza, a trentasei anni, poche ore dopo il suo sequestro.Ogni giorno per anni ci ha raccontato la lotta per la sopravvivenza di due milioni di persone rinchiuse nell'assedio, bombardate, affamate, umiliate.Aveva scelto di stare all'inferno per aiutare a rompere il silenzio. Aiutava con immagini e parole, indipendenti e imparziali come la vita vera, chi volesse raccontare la verità.A parte pochissimi, nessuno guarda a Gaza. E' diventata ormai un buco nero nella cronaca e nella politica.Una gigantesca macchia oscura nell'etica e nella morale collettiva, impastata di indifferenza e di enormi complicità con l'orrore.Vittorio è morto ammazzato. La sua morte oggi strappa il velo sulla Striscia e parla.Che possa parlare davvero a tutti, Vittorio, anche ora che non c'è più.Che semini ancora l'insopportabilità dell'ingiustizia, delle doppie misure, dell'ipocrisia in cui viviamo immersi.Abbracciamo i familiari, l'International Solidarity Movement, gli amici.Ringraziamo le autorità palestinesi che si sono adoperate per la sua liberazioneSiamo a fianco della popolazione di Gaza e dei giovani che si sono mobilitati per salvagli la vita.Rinnoviamo l'impegno contro l'assedio, contro l'occupazione israeliana, per una pace fondata sulla giustizia.Continuiamo l'azione politica, culturale e umanitaria per rompere l'isolamento di Gaza.L'omicidio di Vittorio non sia utilizzato come ulteriore pretesto per impedire la presenza nell'area di volontari, cooperanti e testimoni.Restiamo umani, ci ha sempre ripetuto Vittorio. A qualunque latitudine, facciamo parte della stessa comunità.Ogni uomo, ogni donna, ogni piccolo di questo pianeta, ovunque nasca e viva, ha diritto alla vita e alla dignità.Gli stessi diritti che rivendichiamo per noi appartengono anche a tutti gli altri e le altre, senza eccezione alcuna.Restiamo umani, anche quando intorno a noi l'umanità pare si perda.Tante le iniziative che si stanno organizzando nelle città in tutta Italia.A Roma il 16 aprile alle 10.30 presso la Sala Di Liegro di Palazzo Valentini l'appuntamento è per tutti coloro che vogliono ricordarlo e rendere omaggio al suo lavoro, al suo coraggio, alla coerenza che ha guidato le sue scelte di vita.

giovedì 7 aprile 2011

IL NOSTRO LUTTO, IL NOSTRO IMPEGNO


LA TRAGEDIA DEL CANALE DI SICILIA IL NOSTRO LUTTO, IL NOSTRO IMPEGNO

La tragedia avvenuta ieri nel canale di Sicilia ci interroga su quanto il nostro paese e l’Europa tutta stiano smarrendo il senso di umanità che è presupposto di ogni democrazia. Quelle morti non sono frutto del caso. C’è una responsabilità collettiva delle nostre società ed una, più pesante, di chi ricopre ruoli istituzionali e ha il potere di produrre, con le proprie scelte, conseguenze concrete sulla vita delle persone. Oggi la Camera dei Deputati ha giustamente osservato un minuto di silenzio per quelle vittime innocenti. Ma non possiamo dimenticare che il 6 febbraio del 2009 lo stesso Parlamento ratificava il trattato di amicizia italo libico prevedendo l’impiego di mezzi e risorse per controllare le frontiere e impedire le partenze verso l’Italia. Il 6 maggio 2009, dopo che per anni le navi italiane avevano soccorso i migranti anche fuori dalle acque territoriali, per la prima volta il nostro Paese respinse 3 barche con 227 persone a bordo, cancellando d’un colpo il principio di non respingimento previsto dell’art.33 della Convenzione di Ginevra sul diritto d’asilo. Quei 227 provenivano dal corno d’africa, la stessa regione da cui provengono i morti di oggi. Profughi secondo la rappresentazione di oggi, ma clandestini da rimandare nelle mani dei loro aguzzini secondo quanto affermato dal nostro Governo. Nulla succede per caso. In realtà queste vite umane sono sacrificate sull’altare della ragion di stato e della propaganda elettorale permanente a cui siamo sottoposti. Noi pensiamo che si possa e si debba reagire. Sarebbe stato giusto proclamare domani una giornata di lutto nazionale, perché anche quei bambini, quelle donne e quegli uomini fanno parte della nostra comunità umana. Noi dell’ARCI lo faremo. Chiederemo alle nostre strutture di esporre un segno di lutto nelle sedi, di listare a lutto giornali e siti web, di osservare un minuto di silenzio nelle iniziative in programma nei circoli Arci, di fare ogni altro gesto che possa servire a ricordare il sacrificio di quegli esseri umani e le nostre responsabilità. E faremo anche un piccolo gesto individuale. Porteremo un fiore, una rosa rossa, davanti ai nostri municipi. Perché quelle sedi rappresentano la comunità locale. La comunità che mancava a quelle vittime della frontiera fuggite dalle guerre in cerca di sicurezza e protezione per se e per i loro figli. A Roma davanti al Campidoglio deporremo 250 rose, una per ciascuna di quelle persone che non incontreremo mai e che sarebbero potuti diventare romani, bolognesi o milanesi come noi. A loro vogliamo dare simbolicamente, almeno per un giorno, cittadinanza in questo Paese che li ha respinti e li ha costretti ad un viaggio mortale. E al tempo stesso continueremo ad impegnarci concretamente, coi nostri circoli nei territori, per garantire accoglienza e protezione a chi sta arrivando. Continueremo a chiedere che siano aperti adesso canali umanitari per gli altri profughi che sono ancora in Libia e Tunisia, che venga fermata la macchina dei respingimenti, che il nostro paese faccia il suo dovere per sostenere concretamente i diritti umani e i processi di democratizzazione nel nord Africa.

lunedì 21 marzo 2011

CONTRO L’INTERVENTO MILITARE

CON LE LOTTE PER LA DEMOCRAZIA,
CON I DIRITTI DEI MIGRANTI
CONTRO L’INTERVENTO MILITARE
















Cosa c’entrano gli attacchi aerei su mezzi terrestri con una no-fly zone? Neppure è cominciata, la no-fly zone, ed è subito attacco militare.
Avevamo appena finito di denunciare i grandi rischi connessi al dispositivo militare della risoluzione ONU. E il vertice di Parigi ha deciso di correrli tutti, subito e volontariamente, iniziando un intervento militare aperto sul campo.
Il via libera alla no-fly zone ha dato fiato alle trombe di chi non vedeva l’ora di dimostrare una responsabilità europea finora dimenticata mettendo a disposizione basi, aerei soldati. Delle parti impegnative della risoluzione ONU legate all’iniziativa politica non c’è chi faccia cenno.
L’Italia oltretutto dovrebbe sentire l’obbligo morale di non intervenire militarmente in un paese che esattamente cento anni fa è stato con le armi conquistato e dichiarato colonia, e dove sono stati perpetrati orribili crimini di guerra. E invece addirittura ci proponiamo ad ospitare il quartier generale delle operazioni.
Le lotte democratiche nel mondo arabo proprio non si meritano l’entusiasmo militarista dimostrato in queste ore da tanti paesi europei, con l’Italia in testa come al solito.
L’Egitto va a votare, la Tunisia affronta una complicata transizione, in Yemen e in Barhein i regimi sparano sulle manifestazioni pacifiche, la Siria si ribella: in due mesi di rivolte e rivoluzioni l’Europa non ha sostanzialmente fatto niente, non ha dimostrato interesse, non ha offerto cooperazione, non ha stanziato un soldo e non si è mosso un ministro. Si è solo cercato di fermare i profughi.
Siamo a fianco dei libici in lotta contro il dittatore. Comprendiamo la loro disperazione e la paura che il paese torni sotto il tallone del regime. Ma confidiamo che essi capiscano anche le nostre ragioni, mentre manifestiamo la nostra opposizione all’intervento militare.
Ne abbiamo viste già tante. Abbiamo visto il prevalere degli interessi economici e strategici, nascosti dietro al manto della difesa dei diritti umani. Abbiamo visto i “due pesi e le due misure”, che fa chiudere gli occhi davanti a violazioni grandiose del diritto internazionale come quella che patisce da decenni la Palestina.
Conosciamo l’incapacità di mettere in campo la forza della politica, e degli strumenti che ad essa corrispondono, per la difesa dei diritti calpestati, per la risoluzione dei conflitti nel nome della giustizia, per l’affermazione della democrazia.
E crediamo che a questo punto della vicenda libica, non essendo intervenuti a proteggere la rivolta quando da sola poteva liberare il paese dal regime, l’evoluzione della crisi vedrà una forte ingerenza straniera, che non può essere mai foriera di libertà e indipendenza.
I venti di guerra di cui l’Europa sta facendo sfoggio richiamano, persino nei nomi con la “coalizione dei volenterosi”, esperienze che avrebbero dovuto insegnare qualcosa. E noi non saremo di questa partita. Continuiamo a sostenere tutte le esperienze democratiche del Maghreb e del Mashrek, continuiamo a difendere il diritto all’accoglienza dei profughi, siamo contro l’intervento militare.

sabato 19 marzo 2011

IN LIBIA NON SERVE L’AVVENTURISMO MILITARE



ALLA DEMOCRAZIA IN LIBIA NON SERVE L’AVVENTURISMO MILITARE:
AUMENTARE LA PRESSIONE POLITICA PER IL CESSATE IL FUOCO

Siamo senza incertezze schierati con le rivolte del mondo arabo. Per anni abbiamo cercato di sostenere gli attivisti dei diritti umani, sociali e culturali che pagavano con la repressione il prezzo del loro impegno. Ci siamo battuti contro gli accordi interessati che l’Italia e l’Europa continuavano a stringere con i dittatori per sfruttare meglio quei mercati e per militarizzare le frontiere contro l’arrivo dei migranti.
Dal primo giorno della rivoluzione dei gelsomini in Tunisia abbiamo organizzato appelli, manifestazioni e iniziative, ricordando che la conquista della democrazia nel Mediterraneo è condizione del nostro stesso futuro. Siamo in permanente rapporto con le reti di società civile dell’area, e proseguiamo senza sosta l’impegno per l’accoglienza dei migranti e dei profughi.
Abbiamo sperato che, come in Egitto e in Tunisia, la forza pacifica della rivolta popolare riuscisse a liberare in pochi giorni la Libia da Gheddafi e il suo regime. Il passato coloniale dell’Italia di cui quest’anno cade il centenario, il sostegno aperto e surreale dato al dittatore dal governo Berlusconi, l’enorme mole di armi vendute dal nostro paese alla Libia aumentano la nostra responsabilità verso quel popolo.
Da settimane i nostri amici libici imploravano una azione della comunità internazionale e la no-fly zone, per impedire al dittatore di stroncare la rivolta. Oggi, mentre Gheddafi ha già riconquistato gran parte del paese, l’ONU la ha dichiarata e la gente di Bengasi festeggia.
La risoluzione 1973 e’ complessa. Si presta a molte ipotesi di gestione concreta. Apprezziamo l’impegno a proteggere la popolazione civile, il chiaro rifiuto dell’opzione di occupazione militare straniera, la priorità del cessate il fuoco e della soluzione politica, il rafforzamento dell’embargo militare e commerciale, il riconoscimento del ruolo prioritario della Unione Africana, della Lega Araba, della Conferenza Islamica. Conosciamo però per esperienza i rischi di innalzamento e di allargamento del conflitto connessi alla no-fly zone, al coinvolgimento militare delle potenze occidentali e alla possibile escalation, alle ritorsioni di Gheddafi che sono purtroppo da mettere nel conto.
E siamo perciò assolutamente preoccupati dei possibili sviluppi nelle prossime ore, soprattutto di fronte all’atteggiamento interventista di alcuni paesi, primi fra tutti Francia e Gran Bretagna.
Importanti governi si sono astenuti nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, preoccupati dell’impossibilità di tenere la no-fly zone nei suoi stretti confini di deterrenza. Molti altri la appoggiano ma condividono lo stesso timore.
Chiediamo a tutti di opporsi in queste ore all’interventismo militare e di aumentare invece la pressione politica, utilizzando il potere deterrente della nuova risoluzione perché si arrivi a un vero e duraturo cessate il fuoco, che consenta l’inizio di una transizione in Libia.L’annuncio della fine dell’offensiva da parte del regime arrivata in queste ore è una opportunità che va colta e sfruttata al meglio dalla comunità internazionale. Gli insorti vanno sostenuti, la popolazione civile va difesa, Gheddafi va fermato, ma non è con un’altra guerra occidentale che la democrazia nel mondo arabo potrà affermarsi.

TRASFORMIAMO L’ANGOSCIA IN PARTECIPAZIONE

TRASFORMIAMO L’ANGOSCIA IN PARTECIPAZIONE
VOTIAMO SI’ AI REFERENDUM:
ACQUA PER TUTTI, NUCLEARE PER NESSUNO
IN PIAZZA A ROMA SABATO PROSSIMO


La tragedia terribile che ha colpito il Giappone tiene il mondo e tutti noi col fiato sospeso.
Condividiamo un grandissimo sentimento di pena e di solidarietà per quel paese e quel popolo, l’angoscia per le vittime e per i sopravvissuti, una terribile ansia per l’emergenza nucleare. La natura fa il suo corso, rispettando un disegno assai più grande di noi umani. Ma certo gli umani riescono a fare di tutto per sfidare le leggi naturali e mettersi in pericolo. Riempire di centrali nucleari una zona altamente sismica è davvero una sfida al destino, tanto più sapendo che la scienza non è in grado di metterle al riparo da disastri.
Ma così è andata, e questo orribile catastrofe può almeno contribuire a evitare di produrne altre in futuro.
La Germania e la Svizzera hanno cambiato i loro piani nucleari. L’Austria chiede di ridiscutere le politiche europee. Gli Stati Uniti e molti altri paesi si interrogano sulle scelte energetiche e sulla sicurezza.
Il governo italiano, dopo aver tagliato gli investimenti sulle rinnovabili, ha tirato dritto fino a che ha potuto con le centrali, aiutato da esperti di parte e interessati, e ora accenna appena alla necessità di riflessione, più interessato ai consensi elettorali che alla tragedia.
Non c’è da riflettere, bisogna agire. L’Italia non deve tornare al nucleare. Noi alziamo la voce, perché Fukushima non deve accadere mai più, e nessuna parte del mondo deve più essere messa a rischio.
Mettiamo in campo un impegno straordinario per la manifestazione che aprirà la campagna referendaria per l’acqua pubblica e contro il nucleare il 26 marzo a Roma per dire: acqua per tutti, nucleare per nessuno.
Intercettiamo lo sgomento di tanti e tante, aiutiamolo a trasformarsi in partecipazione attiva e scelta consapevole, per un modo di vivere dove l’economia non possa farci più fragili e in pericolo di quanto già non siamo.
Il diritto alla vita e alla salute non può essere sottomesso alle logiche di mercato. La campagna referendaria è una occasione straordinaria per far valere questo semplice e fondamentale principio.Impegniamo ancora più fortemente la nostra associazione nei comitati referendari unitari per l’acqua pubblica e per fermare il nucleare.

sabato 5 marzo 2011

MEDITERRANEO: DALLA PARTE GIUSTA


MEDITERRANEO: DALLA PARTE GIUSTA

Con i giovani dei gelsomini - Sostenere la società civile del mondo arabo
Proteggere e accogliere i profughi - No all’intervento militare

CAMPAGNA DI RACCOLTA FONDI PER LE ORGANIZZAZIONI SOCIALI TUNISINE
CHE STANNO ACCOGLIENDO I PROFUGHI DALLA LIBIA

Il vento di cambiamento che soffia sul Mediterraneo porta con sé tante speranze ma anche molti rischi. Una intera generazione di giovani sta provando a caro prezzo a riprendere in mano il proprio futuro, a scrivere una nuova storia per il proprio paese e per il mondo intero, in mezzo a mille difficoltà. A quei giovani e quei popoli va offerto un sostegno concreto, adesso.

Noi vogliamo farlo, intanto aiutando la società civile tunisina a garantire accoglienza e assistenza alle decine di migliaia di profughi in fuga dalla Libia. Lo stanno già facendo, con pochi mezzi e tanta solidarietà.

Sostenere la società civile democratica dei Paesi che si affacciano sulla sponda sud del Mediterraneo è condizione essenziale per aiutare il processo di democratizzazione. Basta con gli interventi umanitari interessati, che si traducono in militarizzazione, neo-colonialismo e sfruttamento delle risorse locali.

I nord africani, i rifugiati africani, i libici che fuggono dalle violenze di Gheddafi vanno protetti e aiutati, sia nelle aree di origine che in Europa, lasciando aperte le frontiere - come ha chiesto l’UNHCR - e riconoscendo loro, in Italia e nei paesi dell’Ue, il diritto alla protezione temporanea.

Le politiche di rapina e di chiusura delle frontiere dell’occidente hanno prodotto povertà, sfruttamento e aiutato per decenni la repressione di qualsiasi forma di organizzazione sociale. Hanno contribuito a rafforzare regimi autoritari, consentendo il concentramento in poche mani di ricchezze e potere. Questa situazione può essere ribaltata, aprendo le frontiere e riconsegnando ai popoli arabi le proprie risorse attraverso il sostegno alla società civile.

Il riconoscimento del diritto a partire e del diritto a restare sono le due facce della stessa medaglia, è ciò che consente l’affermarsi di un reale processo di democratizzazione. Il ruolo delle istituzioni europee e dei governi è fondamentale. L’appoggio dato per anni ai dittatori impone oggi un’assunzione piena di responsabilità. Ma siamo anche convinti che ognuno di noi, per quel che gli compete, possa contribuire a scrivere una nuova pagina di storia in quell’area del mondo.

Per questo promuoviamo una raccolta fondi a sostegno dei profughi in fuga dalla Libia, fondi che consegneremo alle organizzazioni di base tunisine che sono presenti nelle zone di crisi e stanno già operando per l’accoglienza di decine di migliaia di persone.

Servono risorse per l’acquisto di tende e cibo sul posto, per evitare che la solidarietà si trasformi in arricchimento per qualcuno e in nuove forme di accaparramento dei territori.

La crisi in Libia non deve essere utilizzata per conquistare posizioni di potere nell’area. Non è tollerabile che ancora una volta una emergenza umanitaria sia utilizzata per garantire gli interessi economici, militari e strategici dei paesi ricchi.

Sostenere la società civile tunisina, accogliere e proteggere i profughi, aiutare la democratizzazione del Maghreb. Ciascuno di noi può fare la sua parte, dalla parte giusta.

Si può sottoscrivere sul conto corrente aperto presso Banca Etica intestato a
Associazione Arci – Il mediterraneo dei gelsomini. Iban IT06V0501803200000000136632

Per informazioni e versamenti chiamare anche il numero verde 800999977

venerdì 18 febbraio 2011

ASSISTENZA FISCALE per i soci ARCI


Presso il nostro sportello i soci Arci potranno usufruire della compilazione del modello 730, dell'ICI, dell'ISEE.
Inoltre, assistenza TARSU, compilazione modello detrazioni e assegni familiari.

Lo sportello partirà dal giorno 9 marzo effettuando i seguenti orari:
Mercoledì e Venerdì dalle ore 17,00 alle 19,30
Sabato dalle ore 9,30 alle 12,00

Per info: 3279027822 (Antonio Malese)

giovedì 13 gennaio 2011

Un'altra cultura un'altra società



Un’altra cultura, un’altra società.
Questo è lo slogan con il quale ARCI promuove il tesseramento per l’anno 2011.
Un’altra cultura, quella per cui, da sempre l’Associazione si batte: la cultura dello stare insieme, la cultura del reciproco, la cultura del rifiuto di rifiutare il diverso, la cultura della difesa dei diritti dell’uomo ….
Questo porta ARCI nelle strade delle nostre città, portando i nostri giovani a “crescere”.


Salvatore De Giorgio - Responsabile Provinciale Tesseramento