sabato 19 marzo 2011

IN LIBIA NON SERVE L’AVVENTURISMO MILITARE



ALLA DEMOCRAZIA IN LIBIA NON SERVE L’AVVENTURISMO MILITARE:
AUMENTARE LA PRESSIONE POLITICA PER IL CESSATE IL FUOCO

Siamo senza incertezze schierati con le rivolte del mondo arabo. Per anni abbiamo cercato di sostenere gli attivisti dei diritti umani, sociali e culturali che pagavano con la repressione il prezzo del loro impegno. Ci siamo battuti contro gli accordi interessati che l’Italia e l’Europa continuavano a stringere con i dittatori per sfruttare meglio quei mercati e per militarizzare le frontiere contro l’arrivo dei migranti.
Dal primo giorno della rivoluzione dei gelsomini in Tunisia abbiamo organizzato appelli, manifestazioni e iniziative, ricordando che la conquista della democrazia nel Mediterraneo è condizione del nostro stesso futuro. Siamo in permanente rapporto con le reti di società civile dell’area, e proseguiamo senza sosta l’impegno per l’accoglienza dei migranti e dei profughi.
Abbiamo sperato che, come in Egitto e in Tunisia, la forza pacifica della rivolta popolare riuscisse a liberare in pochi giorni la Libia da Gheddafi e il suo regime. Il passato coloniale dell’Italia di cui quest’anno cade il centenario, il sostegno aperto e surreale dato al dittatore dal governo Berlusconi, l’enorme mole di armi vendute dal nostro paese alla Libia aumentano la nostra responsabilità verso quel popolo.
Da settimane i nostri amici libici imploravano una azione della comunità internazionale e la no-fly zone, per impedire al dittatore di stroncare la rivolta. Oggi, mentre Gheddafi ha già riconquistato gran parte del paese, l’ONU la ha dichiarata e la gente di Bengasi festeggia.
La risoluzione 1973 e’ complessa. Si presta a molte ipotesi di gestione concreta. Apprezziamo l’impegno a proteggere la popolazione civile, il chiaro rifiuto dell’opzione di occupazione militare straniera, la priorità del cessate il fuoco e della soluzione politica, il rafforzamento dell’embargo militare e commerciale, il riconoscimento del ruolo prioritario della Unione Africana, della Lega Araba, della Conferenza Islamica. Conosciamo però per esperienza i rischi di innalzamento e di allargamento del conflitto connessi alla no-fly zone, al coinvolgimento militare delle potenze occidentali e alla possibile escalation, alle ritorsioni di Gheddafi che sono purtroppo da mettere nel conto.
E siamo perciò assolutamente preoccupati dei possibili sviluppi nelle prossime ore, soprattutto di fronte all’atteggiamento interventista di alcuni paesi, primi fra tutti Francia e Gran Bretagna.
Importanti governi si sono astenuti nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, preoccupati dell’impossibilità di tenere la no-fly zone nei suoi stretti confini di deterrenza. Molti altri la appoggiano ma condividono lo stesso timore.
Chiediamo a tutti di opporsi in queste ore all’interventismo militare e di aumentare invece la pressione politica, utilizzando il potere deterrente della nuova risoluzione perché si arrivi a un vero e duraturo cessate il fuoco, che consenta l’inizio di una transizione in Libia.L’annuncio della fine dell’offensiva da parte del regime arrivata in queste ore è una opportunità che va colta e sfruttata al meglio dalla comunità internazionale. Gli insorti vanno sostenuti, la popolazione civile va difesa, Gheddafi va fermato, ma non è con un’altra guerra occidentale che la democrazia nel mondo arabo potrà affermarsi.

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