martedì 25 febbraio 2014

8 marzo all'Arci Tenda di Statte


Il nuovo governo sopprime il ministero dell’Integrazione. Un passo indietro grave e inatteso

La cancellazione del Ministero dell’Integrazione è una brutta notizia per la nostra democrazia. Siamo infatti un paese in cui vivono circa 5 milioni di persone di origine straniera e in cui non si è riusciti a far approvare dal Parlamento quella riforma della legge sulla cittadinanza per la quale la Campagna L’Italia sono anch’io, di cui è stato portavoce l’attuale sottosegretario alla presidenza Graziano Del Rio, ha raccolto più di duecentomila firme.
Quelli dell’immigrazione, dell’integrazione e dell’accoglienza sono temi che hanno una grande valenza dal punto di vista culturale e politico, perché è su di essi che si definisce l’identità di un paese e della stessa Europa.
Negli ultimi due governi, prima di questo, l’istituzione di un ministero ad hoc aveva quantomeno fatto sperare che a questi temi venisse data l’attenzione che meritano, anche se l’esperienza , in particolare della ministra Kyenge, ha dovuto scontare una carenza di strumenti e risorse che ne hanno fortemente indebolito l’efficacia. La risposta avrebbe dovuto essere, però, non la soppressione del ministero ma un suo rafforzamento.
Allo stato delle cose, se non si porrà rimedio a questa situazione, i poteri in materia saranno concentrati nelle mani del ministro dell’Interno, che verrebbe ad assumere un ruolo centrale su una questione che invece è ricca di implicazioni che vanno ben al di là della gestione dell’ordine pubblico.
Già si vedono i contraccolpi di una simile scelta. Dell’introduzione dello ius soli, per esempio, non se ne parla tra le priorità programmatiche del nuovo governo.
Un passo indietro su questo argomento sarebbe davvero un colpo durissimo per tutti quei bambini e ragazzi di origine straniera, nati in Italia o che vi vivono stabilmente da anni, e che si aspettano di vedersi riconosciuto questo diritto fondamentale.

domenica 23 febbraio 2014

La solidarietà dell’Arci alle forze democratiche ucraine, strette fra autoritarismo e nazionalismo


Frequentiamo le organizzazioni democratiche della società civile ucraina sin dai primi anni di vita dei Forum Sociali Europei. Abbiamo cercato nell'ultimo decennio di favorire in tutte le occasioni lo sviluppo delle loro relazioni con le altre organizzazioni sociali europee. Seguiamo il loro impegno costante per i diritti sociali, e contro il riemergere del nazionalismo e della destra estrema.
Siamo a loro legati non solo da vincoli di solidarietà, ma da forti interessi comuni, convinti che solo da una omogeneizzazione verso l'alto di diritti e democrazia in tutto il continente possa venire garantito un futuro di pace, diritti e dignità per tutti gli europei.
Troppi, nelle istituzioni e non solo, hanno agito in questi anni considerando i paesi dell'Europa orientale unicamente come territori da controllare per interessi geo-politici e da colonizzare con le delocalizzazioni.
Unione Europea e Russia si sono purtroppo confrontate sullo stesso terreno e con analogo spirito, contendendosi pezzi di territorio europeo senza considerare le vocazioni e le esigenze dei loro popoli e delle loro comunità - costrette in tutta l'Europa dell'est a fare i conti con un presente sempre più lontano, in termini di democrazia e di diritti reali, dalle aspettative seguite al crollo del Muro di Berlino.
Oggi, di fronte ai morti e alle violenze che tornano ad incendiare Piazza Maiden a Kiev, facciamo nostre prima di tutto le quattro richieste dell'appello promosso dallaRete Europea contro l'estrema destra
"Condanniamo la violenza e la repressione del governo Yanukovich; rinnoviamo l'impegno a sostenere le forze democratiche e progressiste della società civile ucraina; chiediamo a tutte le parti in conflitto di astenersi dall'uso della forza perché essa aiuta la destra e i militaristi; invochiamo l'apertura di un dialogo aperto, trasparente e democratico fra le forze della società civile civilizzata sulle riforme necessarie".
Alla Unione Europea e alla Russia, che portano ciascuna grandi responsabilità, ora spetta l'onore urgente di una forte iniziativa politica, di concerto con le Nazioni Unite, per fermare la guerra civile in Ucraina.
È il tempo della politica, che è la capacità di costruire un progetto di uscita dalla crisi e i passi per realizzarlo. Sappiamo che non è facile che ciò sia messo in campo da istituzioni e governi per i quali l'interesse ha preso da tempo il sopravvento sul bene comune. Ma questa è la sola via per evitare che, ancora una volta, la guerra incendi la nostra terra comune.
Alle forze democratiche ucraine, strette fra autoritarismo e nazionalismo, tutta la solidarietà e la vicinanza della nostra associazione. Insieme, anche nei momenti difficili, per l'Europa della democrazia e dei diritti.

Bufera sugli opuscoli contro le discriminazioni sessuali. Politica e gerarchie ecclesiastiche rispettino l’autonomia dell’Unar

Dichiarazione di Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci

L’Unar, e cioè l’Ufficio che ha il compito di contrastare le discriminazioni, pubblica un opuscolo intitolato “Educare alla diversità a scuola”, e ancora prima che il testo arrivi agli insegnanti si scatena il finimondo. L’opuscolo infatti fa parte di un Kit per docenti delle scuole pubbliche contro tutte le discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere, in cui si afferma tra l’altro che “i rapporti omosessuali sono naturali” e “il sesso non si fa solo per avere bambini”.
Eresia! Partono all’attacco Avvenire, il quotidiano della Cei, e sette senatori del Nuovo centrodestra che ne chiedono l’immediato ritiro. Mentre il viceministro Guerra, sostenendo di non essere stata preventivamente informata dell’iniziativa, di fatto sfiducia il direttore dell’Unar a cui invia formale nota di ‘demertito’ e dichiara che gli opuscoli dovranno passare al vaglio di Miur e Pari opportunità prima di essere distribuiti. Insomma al vaglio della censura.

L’episodio non solo denota la sudditanza di governo e istituzioni alla più retriva cultura cattolica, ma esplicita la mancanza di autonomia dell’Unar, considerato propaggine del governo di turno, contro le direttiva dell’Unione Europea che ha invece stabilito con chiarezza che gli organismi preposti al contrasto delle discriminazioni devono essere sottratti al controllo politico, agli umori delle maggioranze di governo, trattandosi di una materia che qualifica la democrazia di un paese. Soprattutto di un paese come il nostro, dove il potere delle gerarchie ecclesiastiche e dei partiti che più ne subiscono l’influenza hanno impedito di legiferare per salvaguardare diritti fondamentali, a tutela per esempio delle coppie di fatto, dei matrimoni fra persone omosessuali e persino l’approvazione di una buona legge contro l’omofobia. Nelle scuole pubbliche si insegna la religione cattolica, con insegnanti scelti direttamente dalla Curia, e la c.d. ‘ora di alternativa’ non è mai stata strutturata.

Chiediamo quindi che si ripristini la legalità, applicando la direttiva europea e riconoscendo all’Unar l’autonomia che le compete per poter svolgere efficacemente il suo ruolo, liberandola da ogni controllo politico di parte.
Che il Parlamento si esprima con chiarezza in questo senso, mettendo fine a un’anomalia e a una doppiezza che rende l’Italia assolutamente poco credibile quando, come in occasione dei giochi di Sochi, si richiama il governo russo al rispetto dei diritti delle persone gay e poi si censura un opuscolo che ha il ‘torto’ di spiegare perché quei diritti vanno rispettati.
Che il kit predisposto per le scuole venga consegnato agli insegnanti, come previsto dal progetto di Unar, e si cominci finalmente una seria opera di sensibilizzazione e formazione fra i nostri giovani su diritti che rispondono in primo luogo al principio di uguaglianza stabilito dalla nostra Costituzione.

Roma, 17 febbraio 2014

lunedì 17 febbraio 2014

Elezioni europee: un appuntamento cruciale

La lettera della Presidenza Nazionale dell’Arci ai Comitati territoriali e al Consiglio nazionale
Fra pochi mesi si terranno le elezioni per il Parlamento Europeo. Sarà un appuntamento importante, più che in passato. È infatti dal livello europeo che oggi discende la maggior parte delle politiche che determinano e condizionano la vita e il futuro del nostro paese e delle nostre comunità. Come dichiariamo nel nostro documento congressuale «l’unità dell’Europa sta correndo un grave rischio. Col dogma austerità e pareggio di bilancio imposto da tecnocrazia, finanza e politici liberisti, con lo smantellamento del modello sociale europeo e dei diritti sanciti dalle costituzioni nazionali si sta alimentando il fuoco dell’antieuropeismo, del populismo, del nazionalismo reazionario, della xenofobia. C’è bisogno di un progetto europeista fondato su istituzioni democratiche e legittimate, sui beni comuni e la riconversione ecologica, sul primato delle persone e dei loro diritti inalienabili rispetto al mercato».
È importante che anche le nostre basi associative diano il proprio contributo a questo cruciale appuntamento elettorale. Possiamo svolgere nel territorio un ruolo prezioso, facendoci promotori di discussioni, dibattiti, iniziative per coinvolgere e rendere protagonisti persone e comunità, favorendo il dialogo fra il mondo dell’impegno sociale e le diverse forze politiche del centro-sinistra e della sinistra che si presentano alle elezioni europee. Come certamente saprete, nel campo di forze della sinistra sta maturando in vista delle elezioni europee una nuova esperienza, quella di una lista autonoma della società civile per Tsipras. Lista che però, a differenza delle altre, in base ai regolamenti deve riuscire a raccogliere 150mila firme certificate in poco tempo per essere ammessa alla competizione elettorale. Uno sforzo enorme. Per questo invitiamo i nostri circoli ad aprirsi, compatibilmente con le loro possibilità, all’ospitalità di iniziative di raccolta delle firme per la presentazione di questa lista.
In tal senso, quando avremo indicazioni organizzative da parte dei promotori, ve le faremo avere. È bene chiarire che questo invito non rappresenta in alcun modo un posizionamento dell’associazione per una singola forza politica, ma piuttosto la conferma del nostro impegno in nome del diritto/dovere di facilitare la partecipazione democratica, come abbiamo fatto ospitando le primarie, le raccolte di firme per i referendum e in tante altre occasioni. L’Arci è indipendente, autonoma e plurale. Siamo sempre stati e vogliamo continuare ad essere una ‘casa comune della sinistra’.
Nei nostri circoli lavorano fianco a fianco persone con differenti appartenenze e collocazioni partitiche, unite però da forti valori e principi comuni che le diverse scelte al momento del voto non hanno mai messo in crisi. È la nostra ricchezza e il nostro valore aggiunto, che insieme difendiamo e rivendichiamo.
Anche alle elezioni europee, come sempre, i nostri soci sceglieranno liberamente chi a loro parere meglio interpreta i principi e i valori di sinistra in cui comunemente ci riconosciamo. Ma è essenziale che tutti abbiano la possibilità di farlo, e pensiamo sia giusto adoperarsi per questo. Tanto più nel momento in cui una drammatica crisi della politica e della rappresentanza rischia di allontanare milioni di cittadini dalla partecipazione democratica o consegnarli all’antipolitica.
C’è bisogno di favorire e incentivare tutte le espressioni che possono contrastare la disillusione e l’astensionismo, per ridare dignità e forza alla politica, perché solo una politica più forte può farci uscire dalla crisi nell’orizzonte dei diritti, della democrazia e della giustizia sociale.

ArciReport, 13 febbraio 2014

Stop alla violenza di genere


Il circolo Arci Hastavanna, in collaborazione con il Comitato Arci di Taranto e il Circolo Arci "Città Vecchia" invita tutta la cittadinanza, a partecipare all'incontro che ci sarà il 25 Febbraio alle ore 17.00, presso la Sala Consigliare del Comune di San Giorgio Jonico 
Durante quest'incontro verranno illustrati i servizi disponibili a chi subisce violenza fisica o psicologica, realizzati dalla "RETE ANTIDISCRIMINAZIONE"
Ad illustrare tali iniziative sarà la Consigliera Provinciale Alle Pari Opportunità Barbara Gambillara.
In tale occasione ci sarà un banchetto per la raccolta firme finalizzata alla costituzione della "CASA DELLE DONNE" progetto che verrà illustrato dalla Sig.ra Valeria Mariniello
Interverranno:
Il Sindaco Dott. Giorgio Grimaldi

La Presidente della Commissione Pari Opportunità di San Giorgio, Vera Colucci
Il Presidente del Comitato Arci di Taranto, Lorenzo Cazzato

Inaugurazione Circolo Arci Giovanni Mele a Lizzano



Domenica 16 febbraio 2014

sabato 1 febbraio 2014

Lampedusa, “una base militare con il pretesto dei migranti”

SECONDA GIORNATA DI LAVORI SULLA CARTA DI LAMPEDUSA. NELLA SALA DELL’AEROPORTO DOVE SI TENGONO GLI INCONTRI GLI ABITANTI HANNO RACCONTATO I LORO DISAGI COME ISOLA DI FRONTIERA. L’ASSOCIAZIONE PICCOLI IMPRENDITORI DELL’ISOLA: “VOGLIAMO ESSERE COINVOLTI NELLA STESURA DELLA CARTA”

01 febbraio 2014
LAMPEDUSA – Un’isola turistica, una base militare, l’approdo che permette di salvare le vite dei rifugiati dal mare. Lampedusa è un’isola piccola ma strategica sotto tanti punti di vista. Diverse voci lampedusane hanno voluto raccontarne la realtà davanti ai 300 attivisti italiani ed europei che si sono radunati in una sala dell’aeroporto per scrivere la Carta di Lampedusa, rispondendo a un’idea lanciata da Melting Pot dopo le stragi dei naufragi di ottobre. “Vorremmo essere coinvolti nella stesura di questa carta – ha detto Angelo Mandracchia, presidente dell’Associazione piccoli imprenditori di Lampedusa – la vostra è una presenza importante che ci fa sentire l’Italia e l’Europa più vicine”.
Mandracchia ha espresso quella che è una delle preoccupazioni più forti per gli abitanti dell’isola che ha nel turismo la risorsa economica principale. “Gli ultimi vent’anni di accoglienza parlano per noi ma ci sono ricadute che questo fenomeno ha per la nostra economia – ha spiegato – Quando si parla di sbarchi a Lampedusa i media ingigantiscono il fenomeno per fare passare la notizia e questo ci arreca danno allontanando i turisti”. Poi ha continuato: “ai migranti noi abbiamo aperto la porta di casa per invitarli alla nostra tavola, siamo scesi in piazza a manifestare con e per loro, ma il Centro di primo soccorso e accoglienza non deve accogliere per una lunga permanenza, perché non attrezzato ed è inadatto. Le immagini della disinfestazione hanno fatto il giro del mondo. E’ inammissibile che si faccia ricadere sulla società lampedusana l’incapacità di gestire il fenomeno. Cambiano gli uomini preposti ma non le metodologie”.Sono seguite una serie di richieste su cui gli abitanti dell’isola non sentono di essere ascoltati. “Ci serve un potenziamento della guardia medica, perché l’unico medico deve rispondere a tutte le chiamate se ci sono emergenze – ha detto Mandracchia – non c’è assistenza domiciliare per i malati oncologici. Per qualsiasi visita specialistica, il nostro ticket è il biglietto aereo e l’albergo da pagare. Non abbiamo una sala parto, la donna incinta e chi l’accompagna sono costretti a partire un mese prima del parto. Non abbiamo edifici scolastici adeguati, gli studenti sono costretti ad andare a scuola facendo i turni”. Oltre alla mancanza di strutture sanitarie che costringe a spostarsi, anche la carenza di collegamenti stabili con la terraferma causa disagi tali che i lampedusani affermano di sentirsi “cittadini di serie B”. “Costa meno un volo da Palermo a Roma o a Milano che il volo da Palermo a Lampedusa – ha continuato il presidente dell’associazione dei piccoli imprenditori – noi per continuità territoriale paghiamo solo 10 euro in meno del biglietto standard, quindi ogni viaggio ci costa 60 euro a tratta, ma noi in realtà siamo costretti a prendere quell’aereo. Per questo chiediamo un aiuto vero della Regione Sicilia per sostenere i costi dei trasporti”. Inoltre, secondo quanto riportato da Mandracchia, da vari anni il servizio aereo tra la Sicilia e l’isola Pelagia opera in regime di proroga, con contratti semestrali con le compagnie aeree. “Dopo il primo  luglio 2014 non abbiamo certezza dei collegamenti aerei perché scade il contratto – dice l’imprenditore – questo ci impedisce di programmare la nostra vita quotidiana e anche di pianificare il turismo. Da tempo chiediamo che questo contratto sia di almeno tre anni per permetterci una programmazione, di sapere chi sarà il vettore aereo, di conoscere costi e orari”.
Anche i collegamenti navali non sono adeguati, secondo quanto denunciano i lampedusani. “Il traghetto da Porto Empedocle è una carretta del mare che non parte appena il mare è un po’ agitato, questo ha come conseguenza che sull’isola mancano tutti i rifornimenti, perché dipendiamo dalla terraferma”. Se per Mandracchia l’operazione Mare Nostrum è positiva perché molti lampedusani vorrebbero che i migranti non transitassero dall’isola ma fossero soccorsi in mare e direttamente trasferiti in Sicilia, per Giacomo Sferlazzo dell’associazione Askavusa si tratta di un’operazione militare. “È sotto gli occhi di tutti che Lampedusa è una base militare con il pretesto dei migranti, queste sono politiche di militarizzazione del Mediterraneo” ha detto l’artista lampedusano nel suo intervento. “Il motivo scatenante per cui siamo qui – ha continuato Sferlazzo – è che questa tragedia del naufragio ha scosso l’Europa. Ma bisogna stare attenti alla retorica dell’accoglienza, perché Lampedusa non è diversa dal resto d’Italia. Capisco i lampedusani che non hanno garantiti i diritti essenziali e vedono uno spreco di milioni di euro perché si fanno affari sulla pelle di chi scappa dalle guerre. Ma per scrivere la Carta bisogna partire dalle cause che spingono le persone a partire”.(Raffaella Cosentino)

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