martedì 25 febbraio 2014

Il nuovo governo sopprime il ministero dell’Integrazione. Un passo indietro grave e inatteso

La cancellazione del Ministero dell’Integrazione è una brutta notizia per la nostra democrazia. Siamo infatti un paese in cui vivono circa 5 milioni di persone di origine straniera e in cui non si è riusciti a far approvare dal Parlamento quella riforma della legge sulla cittadinanza per la quale la Campagna L’Italia sono anch’io, di cui è stato portavoce l’attuale sottosegretario alla presidenza Graziano Del Rio, ha raccolto più di duecentomila firme.
Quelli dell’immigrazione, dell’integrazione e dell’accoglienza sono temi che hanno una grande valenza dal punto di vista culturale e politico, perché è su di essi che si definisce l’identità di un paese e della stessa Europa.
Negli ultimi due governi, prima di questo, l’istituzione di un ministero ad hoc aveva quantomeno fatto sperare che a questi temi venisse data l’attenzione che meritano, anche se l’esperienza , in particolare della ministra Kyenge, ha dovuto scontare una carenza di strumenti e risorse che ne hanno fortemente indebolito l’efficacia. La risposta avrebbe dovuto essere, però, non la soppressione del ministero ma un suo rafforzamento.
Allo stato delle cose, se non si porrà rimedio a questa situazione, i poteri in materia saranno concentrati nelle mani del ministro dell’Interno, che verrebbe ad assumere un ruolo centrale su una questione che invece è ricca di implicazioni che vanno ben al di là della gestione dell’ordine pubblico.
Già si vedono i contraccolpi di una simile scelta. Dell’introduzione dello ius soli, per esempio, non se ne parla tra le priorità programmatiche del nuovo governo.
Un passo indietro su questo argomento sarebbe davvero un colpo durissimo per tutti quei bambini e ragazzi di origine straniera, nati in Italia o che vi vivono stabilmente da anni, e che si aspettano di vedersi riconosciuto questo diritto fondamentale.

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