martedì 30 dicembre 2008

Lettera da Ramallah di Mustafa Barghouthi e Francesca Borri


Ramallah, 27 dicembre 2008.

E leggerò domani, sui vostri giornali, che a Gaza è finita la tregua. Non era un assedio dunque, ma una forma di pace, quel campo di concentramento falciato dalla fame e dalla sete. E da cosa dipende la differenza tra la pace e la guerra? Dalla ragioneria dei morti? E i bambini consumati dalla malnutrizione, a quale conto si addebitano? Muore di guerra o di pace, chi muore perché manca l'elettricità in sala operatoria? Si chiama pace quando mancano i missili - ma come si chiama, quando manca tutto il resto?

E leggerò sui vostri giornali, domani, che tutto questo è solo un attacco preventivo, solo legittimo, inviolabile diritto di autodifesa. La quarta potenza militare al mondo, i suoi muscoli nucleari contro razzi di latta, e cartapesta e disperazione. E mi sarà precisato naturalmente, che no, questo non è un attacco contro i civili - e d'altra parte, ma come potrebbe mai esserlo, se tre uomini che chiacchierano di Palestina, qui all'angolo della strada, sono per le leggi israeliane un nucleo di resistenza, e dunque un gruppo illegale, una forza combattente? - se nei documenti ufficiali siamo marchiati come entità nemica, e senza più il minimo argine etico, il cancro di Israele? Se l'obiettivo è sradicare Hamas - tutto questo rafforza Hamas. Arrivate a bordo dei caccia a esportare la retorica della democrazia, a bordo dei caccia tornate poi a strangolare l'esercizio della democrazia - ma quale altra opzione rimane? Non lasciate che vi esploda addosso improvvisa.

Non è il fondamentalismo, a essere bombardato in questo momento, ma tutto quello che qui si oppone al fondamentalismo. Tutto quello che a questa ferocia indistinta non restituisce gratuito un odio uguale e contrario, ma una parola scalza di dialogo, la lucidità di ragionare, il coraggio di disertare - non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l'altra Palestina, terza e diversa, mentre schiva missili stretta tra la complicità di Fatah e la miopia di Hamas. Stava per assassinarmi per autodifesa, ho dovuto assassinarlo per autodifesa - la racconteranno così, un giorno i sopravvissuti.

E leggerò sui vostri giornali, domani, che è impossibile qualsiasi processo di pace, gli israeliani, purtroppo, non hanno qualcuno con cui parlare. E effettivamente - e ma come potrebbero mai averlo, trincerati dietro otto metri di cemento di Muro? E soprattutto - perché mai dovrebbero averlo, se la Road Map è solo l'ennesima arma di distrazione di massa per l'opinione pubblica internazionale? Quattro pagine in cui a noi per esempio, si chiede di fermare gli attacchi terroristici, e in cambio, si dice, Israele non intraprenderà alcuna azione che possa minare la fiducia tra le parti, come - testuale - gli attacchi contro i civili. Assassinare civili non mina la fiducia, mina il diritto, è un crimine di guerra non una questione di cortesia. E se Annapolis è un processo di pace, mentre l'unica mappa che procede sono qui intanto le terre confiscate, gli ulivi spianati le case demolite, gli insediamenti allargati - perché allora non è processo di pace la proposta saudita? La
fine dell'occupazione, in cambio del riconoscimento da parte di tutti gli stati arabi. Possiamo avere se non altro un segno di reazione? Qualcuno, lì, per caso ascolta, dall'altro lato del Muro?

Ma sto qui a raccontarvi vento. Perché leggerò solo un rigo domani, sui vostri giornali e solo domani, poi leggerò solo, ancora, l'indifferenza. Ed è solo questo che sento, mentre gli F16 sorvolano la mia solitudine, verso centinaia di danni collaterali che io conosco nome a nome, vita a vita - solo una vertigine di infinito abbandono e smarrimento. Europei, americani e anche gli arabi - perché dove è finita la sovranità egiziana, al varco di Rafah, la morale egiziana, al sigillo di Rafah? - siamo semplicemente soli.

Sfilate qui, delegazione dopo delegazione - e parlando, avrebbe detto Garcia Lorca, le parole restano nell'aria, come sugheri sull'acqua. Offrite aiuti umanitari, ma non siamo mendicanti, vogliamo dignità libertà, frontiere aperte, non chiediamo favori, rivendichiamo diritti. E invece arrivate, indignati e partecipi, domandate cosa potete fare per noi. Una scuola?, una clinica forse? delle borse di studio? E tentiamo ogni volta di convincervi - no, non la generosa solidarietà, insegnava Bobbio, solo la severa giustizia - sanzioni, sanzioni contro Israele. Ma rispondete - e neutrali ogni volta, e dunque partecipi dello squilibrio, partigiani dei vincitori - no, sarebbe antisemita.

Ma chi è più antisemita, chi ha viziato Israele passo a passo per sessant'anni, fino a sfigurarlo nel paese più pericoloso al mondo per gli ebrei, o chi lo avverte che un Muro marca un ghetto da entrambi i lati? Rileggere Hannah Arendt è forse antisemita, oggi che siamo noi palestinesi la sua schiuma della terra, è antisemita tornare a illuminare le sue pagine sul potere e la violenza, sull'ultima razza soggetta al colonialismo britannico, che sarebbero stati infine gli inglesi stessi? No, non è antisemitismo, ma l'esatto opposto, sostenere i tanti israeliani che tentano di scampare a una nakbah chiamata sionismo. Perché non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l'altro Israele, terzo e diverso, mentre schiva il pensiero unico stretto tra la complicità della sinistra e la miopia della destra.

So quello che leggerò, domani, sui vostri giornali. Ma nessuna autodifesa, nessuna esigenza di sicurezza. Tutto questo si chiama solo apartheid - e genocidio. Perché non importa che le politiche israeliane, tecnicamente, calzino oppure no al millimetro le definizioni delicatamente cesellate dal diritto internazionale, il suo aristocratico formalismo, la sua pretesa oggettività non sono che l'ennesimo collateralismo, qui, che asseconda e moltiplica la forza dei vincitori. La benzina di questi aerei è la vostra neutralità, è il vostro silenzio, il suono di queste esplosioni. Qualcuno si sentì berlinese, davanti a un altro Muro. Quanti altri morti, per sentirvi cittadini di Gaza?

Mustafah Barghouti con Francesca Borri

lunedì 29 dicembre 2008

FERMARE IL MASSACRO A GAZA


Continuano i bombardamenti su una popolazione assediata da due anni e assiepata nella striscia di Gaza. Israele prepara l’invasione da terra.
L’obiettivo dichiarato del Governo Israeliano è Hamas. Le vittime reali sono uomini e donne che non possono neppure scappare.
L’attacco di questi giorni non ha fermato i lanci di razzi contro il sud di Israele, e mette semmai maggiormente in pericolo le città del sud.

L’assedio di Gaza dura da due anni interi.
Tutte le leggi internazionali sono state violate da Israele in questi anni, senza che ne pagasse alcun prezzo.
E’ una solidarietà sbagliata e controproducente per lo stesso popolo israeliano e per la stabilità di tutto il mondo.
In nome della difesa di città assediate la comunità occidentale ha fatto la guerra, nel decennio passato. Ora tace.
Neppure il massacro di queste ore smuove la comunità internazionale

Cessare il fuoco subito e fermare l’invasione non può essere un invito.
Deve essere un ordine delle Nazioni Unite.
Deve essere imposta la fine dell’assedio, la fine dei preparativi dell’invasione e la riapertura della striscia.
Devono essere imposti tempi, contenuti, modalità di un negoziato su basi eque e fondato sul diritto internazionale.

La comunità internazionale perde la sua dignità ogni volta che un civile perde la vita, in queste ore

domenica 28 dicembre 2008

SE C’E’ UNA COMUNITA’ INTERNAZIONALE FONDATA SUL DIRITTO, CHE BATTA UN COLPO OGGI. PER GAZA.


Una città assediata: senza acqua, senza cibo, senza luce. Da mesi e mesi. Da mesi e mesi e mesi e mesi e mesi. Assediata, come nel Medioevo.

Contro ogni legge, contro ogni diritto. Nessuno ha il diritto di affamare il popolo. Nessuno nel mondo, per nessuna ragione al mondo.

Gaza, una città assediata dove i bambini continuano a andare a scuola. E dove cadono le bombe mentre i bambini escono da scuola. Duecento morti, oggi a Gaza.

Chi crede ancora che Hamas e i suoi razzi possano essere fermati da altre morti innocenti? Chi ancora ci può credere? Duecento morti fanno campagna elettorale, nella Israele di oggi.

C’è ancora una comunità internazionale? Bush è finito, ringraziando il cielo. C’è una possibilità per la ragione di tornare a farsi sentire? Se c’è, che qualcuno batta un colpo. Ora.

Batta un colpo l’Europa, se ha un’anima. Batta un colpo la politica europea, quella dei governi e quella delle opposizioni.

L’Arci, che in tanti paesi del mondo lavora per la pace e la giustizia, solo a un popolo dedicherà la sua campagna di aiuto popolare nell’anno che viene. Solo ai palestinesi.

Non perché siamo anti israeliani. Al contrario. Siamo contro l’ignavia, che aiuta il diffondersi della follia. Vogliamo la pace in Medio Oriente. E la pace non viene se non c’è giustizia.

Non c’è giustizia dove c’è un popolo assediato. Mai.

domenica 14 dicembre 2008

I nostri Manifesti

APERTA-MENTE ottobre 2009

2a FESTA CIRCOLI GIOVANILI 2009



Nessun uomo è illegale 2009





Manifesto "Festa dei Circoli Giovanili dell'Arci Taranto" 2008





Cartolina Festa dei Circoli Giovanili 2008



Logo Festa Circoli Giovanili 2008






Biennale OFF - Puglia 2008






Carovana Antimafie 2008




Tutti i nostri manifesti sono stati realizzati da Giovanni Simonetti





mercoledì 10 dicembre 2008

Tesseramento 2016








L'Arci di Taranto lancia la campagna tesseramento 2016




E’ aperta la campagna tesseramento 2016 all’Arci: una campagna che per la nostra associazione, come ogni anno, ha un forte valore, simbolico, culturale e politico. Per l’Arci, infatti, il rinnovo della tessera non è un atto meramente burocratico, ma è il sostegno a un progetto, è la conferma di voler contribuire alla prosecuzione di un grande percorso collettivo.La tessera, insomma, per noi è quel pezzettino di carta, cartoncino o plastica, che ha rappresentato nel corso degli anni un mattoncino fondamentale per costruire un edificio solido e robusto, dando il senso dell’appartenenza di milioni di associati che si sono riconosciuti in un’organizzazione, nei suoi valori e nei suoi ideali. Un’organizzazione che è anche e soprattutto un luogo collettivo: un luogo che mette al centro dei suoi progetti le persone, e che permette ai cittadini di essere liberi protagonisti della costruzione di una società più giusta. È grazie alla passione e all’idealità dei soci e dei circoli, distribuiti in terra di Taranto, che la nostra associazione di promozione sociale è impegnata nell’organizzare manifestazioni, iniziative e incontri volti a diffondere la cultura della socialità e la voglia di stare insieme. Durante l’anno appena trascorso siamo stati protagonisti di importanti e significativi appuntamenti, come la Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo, la Festa della Musica, la Carovana Nazionale Antimafie, la Maratona Arci dei Diritti Umani. È tramite iniziative e campagne come queste che l’Arci promuove la cultura della pace e dei diritti, con la convinzione che un mondo migliore è possibile, e che lo si può costruire anche a partire dalla nostra terra, in virtù del valore fondamentale della partecipazione democratica e della cittadinanza attiva. Coloro che siano interessati ad avere informazioni sulle nostre attività possono rivolgersi al Comitato Territoriale Arci di Taranto, in c.so Vitt. Emanuele n.70 - Taranto-Talsano, (tel. 3883014428, e-mail taranto@arci.it) o ai circoli del territorio.


martedì 9 dicembre 2008

Fare un circolo


Siamo un gruppo di amici musicisti che vogliono suonare e provare, e invitare altri amici ad ascoltare ma non sappiamo dove andare
Abbiamo la passione del cinema, vorremmo organizzare delle piccole proiezioni pubbliche, e un ciclo di incontri. Ma come si fa a ottenere una sede?
Vogliamo impegnarci in qualcosa di concreto per aiutare chi è in difficoltà. Vogliamo provare a cambiare il mondo impegnandoci in prima persona…come possiamo fare?
La risposta è semplice: se tu e i tuoi amici avete un interesse, una passione, la voglia di mettersi in gioco, costruite un’associazione e diventate un circolo Arci.
Costruire una associazione dà al vostro progetto gambe solide su cui camminare. Può essere una grande esperienza di vita, costruisce relazioni, è un momento formativo importante anche dal punto di vista lavorativo.
Aderire all’Arci ti fa entrare nella più grande rete associativa di cultura e solidarietà del nostro Paese.
MA COS’È UN CIRCOLO?
È un’associazione fra persone che vogliono promuovere insieme un’attività culturale, ricreativa, di solidarietà, senza fini di lucro.
E COME FUNZIONA?
L’Atto costitutivo è l’atto di nascita dell’associazione, e lo Statuto è l’insieme delle norme che regolano la vita del circolo, che valgono per tutti i soci. L’affiliazione è l’atto di iscrizione e di adesione del circolo ad una associazione nazionale, nel cui statuto il circolo stesso si riconosce.
La tessera sociale documenta l’iscrizione del socio al circolo e all’associazione nazionale, consente di partecipare alle iniziative e alle attività del circolo e dell’associazione di riferimento. Il socio in regola con il pagamento della quota sociale può partecipare alle attività del circolo; è inoltre facoltà del circolo stesso consentire l’accesso ai soci dell’associazione nazionale cui esso aderisce.
La vita associativa. L’assemblea è costituita dai soci del circolo, decide il programma annuale, vota il bilancio, elegge il consiglio direttivo. Il consiglio direttivo predispone e applica il programma, elegge il presidente, esegue il mandato progettuale dell’assemblea. Il Presidente è anche, di norma, il legale rappresentante dell’associazione. Il programma è l’insieme delle attività e delle iniziative decise dall’assemblea su proposta del consiglio direttivo; la sua realizzazione, al di là di tutte le definizioni giuridiche e teoriche, è ciò che esprime realmente la natura del circolo. Il bilancio è il documento che riporta i movimenti relativi alla gestione delle attività, alle spese generali, al tesseramento e presenta all’assemblea dei soci la situazione del rendiconto economico e finanziario obbligatorio per legge dal 1998.
QUANDO NON SI PUÒ COSTITUIRE UN CIRCOLO?
Un circolo non é un negozio o un bar, non “si apre”, ma nasce dall’iniziativa di cittadini che, senza fini di lucro, si associano per sviluppare un comune interesse, quindi non ci sono “padroni” o “soci fondatori” (dotati cioè di diritti particolari).
È invece possibile attraverso le forme consentite dalla legge, lavorare in un circolo e ricavarne un proprio compenso in modo del tutto legittimo.
Un’associazione, aderendo all’Arci troverà sostegnoconsulenzeserviziconsigli:
  • consulenza (legale, fiscale, associativa) sulla normativa in vigore;
  • assistenza legale e servizi assicurativi;
  • convenzioni commerciali per gli acquisti;
  • sostegno alla progettazione di attività culturali e di promozione sociale;
E farai parte di un grande progetto associativo.
Come mettermi in contatto con l’Arci?
Chiamaci alla sede del Comitato Provinciale Arci, trovi i nostri numeri su Contatti oppure inviaci una mail a taranto@arci.it