lunedì 21 marzo 2011

CONTRO L’INTERVENTO MILITARE

CON LE LOTTE PER LA DEMOCRAZIA,
CON I DIRITTI DEI MIGRANTI
CONTRO L’INTERVENTO MILITARE
















Cosa c’entrano gli attacchi aerei su mezzi terrestri con una no-fly zone? Neppure è cominciata, la no-fly zone, ed è subito attacco militare.
Avevamo appena finito di denunciare i grandi rischi connessi al dispositivo militare della risoluzione ONU. E il vertice di Parigi ha deciso di correrli tutti, subito e volontariamente, iniziando un intervento militare aperto sul campo.
Il via libera alla no-fly zone ha dato fiato alle trombe di chi non vedeva l’ora di dimostrare una responsabilità europea finora dimenticata mettendo a disposizione basi, aerei soldati. Delle parti impegnative della risoluzione ONU legate all’iniziativa politica non c’è chi faccia cenno.
L’Italia oltretutto dovrebbe sentire l’obbligo morale di non intervenire militarmente in un paese che esattamente cento anni fa è stato con le armi conquistato e dichiarato colonia, e dove sono stati perpetrati orribili crimini di guerra. E invece addirittura ci proponiamo ad ospitare il quartier generale delle operazioni.
Le lotte democratiche nel mondo arabo proprio non si meritano l’entusiasmo militarista dimostrato in queste ore da tanti paesi europei, con l’Italia in testa come al solito.
L’Egitto va a votare, la Tunisia affronta una complicata transizione, in Yemen e in Barhein i regimi sparano sulle manifestazioni pacifiche, la Siria si ribella: in due mesi di rivolte e rivoluzioni l’Europa non ha sostanzialmente fatto niente, non ha dimostrato interesse, non ha offerto cooperazione, non ha stanziato un soldo e non si è mosso un ministro. Si è solo cercato di fermare i profughi.
Siamo a fianco dei libici in lotta contro il dittatore. Comprendiamo la loro disperazione e la paura che il paese torni sotto il tallone del regime. Ma confidiamo che essi capiscano anche le nostre ragioni, mentre manifestiamo la nostra opposizione all’intervento militare.
Ne abbiamo viste già tante. Abbiamo visto il prevalere degli interessi economici e strategici, nascosti dietro al manto della difesa dei diritti umani. Abbiamo visto i “due pesi e le due misure”, che fa chiudere gli occhi davanti a violazioni grandiose del diritto internazionale come quella che patisce da decenni la Palestina.
Conosciamo l’incapacità di mettere in campo la forza della politica, e degli strumenti che ad essa corrispondono, per la difesa dei diritti calpestati, per la risoluzione dei conflitti nel nome della giustizia, per l’affermazione della democrazia.
E crediamo che a questo punto della vicenda libica, non essendo intervenuti a proteggere la rivolta quando da sola poteva liberare il paese dal regime, l’evoluzione della crisi vedrà una forte ingerenza straniera, che non può essere mai foriera di libertà e indipendenza.
I venti di guerra di cui l’Europa sta facendo sfoggio richiamano, persino nei nomi con la “coalizione dei volenterosi”, esperienze che avrebbero dovuto insegnare qualcosa. E noi non saremo di questa partita. Continuiamo a sostenere tutte le esperienze democratiche del Maghreb e del Mashrek, continuiamo a difendere il diritto all’accoglienza dei profughi, siamo contro l’intervento militare.

sabato 19 marzo 2011

IN LIBIA NON SERVE L’AVVENTURISMO MILITARE



ALLA DEMOCRAZIA IN LIBIA NON SERVE L’AVVENTURISMO MILITARE:
AUMENTARE LA PRESSIONE POLITICA PER IL CESSATE IL FUOCO

Siamo senza incertezze schierati con le rivolte del mondo arabo. Per anni abbiamo cercato di sostenere gli attivisti dei diritti umani, sociali e culturali che pagavano con la repressione il prezzo del loro impegno. Ci siamo battuti contro gli accordi interessati che l’Italia e l’Europa continuavano a stringere con i dittatori per sfruttare meglio quei mercati e per militarizzare le frontiere contro l’arrivo dei migranti.
Dal primo giorno della rivoluzione dei gelsomini in Tunisia abbiamo organizzato appelli, manifestazioni e iniziative, ricordando che la conquista della democrazia nel Mediterraneo è condizione del nostro stesso futuro. Siamo in permanente rapporto con le reti di società civile dell’area, e proseguiamo senza sosta l’impegno per l’accoglienza dei migranti e dei profughi.
Abbiamo sperato che, come in Egitto e in Tunisia, la forza pacifica della rivolta popolare riuscisse a liberare in pochi giorni la Libia da Gheddafi e il suo regime. Il passato coloniale dell’Italia di cui quest’anno cade il centenario, il sostegno aperto e surreale dato al dittatore dal governo Berlusconi, l’enorme mole di armi vendute dal nostro paese alla Libia aumentano la nostra responsabilità verso quel popolo.
Da settimane i nostri amici libici imploravano una azione della comunità internazionale e la no-fly zone, per impedire al dittatore di stroncare la rivolta. Oggi, mentre Gheddafi ha già riconquistato gran parte del paese, l’ONU la ha dichiarata e la gente di Bengasi festeggia.
La risoluzione 1973 e’ complessa. Si presta a molte ipotesi di gestione concreta. Apprezziamo l’impegno a proteggere la popolazione civile, il chiaro rifiuto dell’opzione di occupazione militare straniera, la priorità del cessate il fuoco e della soluzione politica, il rafforzamento dell’embargo militare e commerciale, il riconoscimento del ruolo prioritario della Unione Africana, della Lega Araba, della Conferenza Islamica. Conosciamo però per esperienza i rischi di innalzamento e di allargamento del conflitto connessi alla no-fly zone, al coinvolgimento militare delle potenze occidentali e alla possibile escalation, alle ritorsioni di Gheddafi che sono purtroppo da mettere nel conto.
E siamo perciò assolutamente preoccupati dei possibili sviluppi nelle prossime ore, soprattutto di fronte all’atteggiamento interventista di alcuni paesi, primi fra tutti Francia e Gran Bretagna.
Importanti governi si sono astenuti nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, preoccupati dell’impossibilità di tenere la no-fly zone nei suoi stretti confini di deterrenza. Molti altri la appoggiano ma condividono lo stesso timore.
Chiediamo a tutti di opporsi in queste ore all’interventismo militare e di aumentare invece la pressione politica, utilizzando il potere deterrente della nuova risoluzione perché si arrivi a un vero e duraturo cessate il fuoco, che consenta l’inizio di una transizione in Libia.L’annuncio della fine dell’offensiva da parte del regime arrivata in queste ore è una opportunità che va colta e sfruttata al meglio dalla comunità internazionale. Gli insorti vanno sostenuti, la popolazione civile va difesa, Gheddafi va fermato, ma non è con un’altra guerra occidentale che la democrazia nel mondo arabo potrà affermarsi.

TRASFORMIAMO L’ANGOSCIA IN PARTECIPAZIONE

TRASFORMIAMO L’ANGOSCIA IN PARTECIPAZIONE
VOTIAMO SI’ AI REFERENDUM:
ACQUA PER TUTTI, NUCLEARE PER NESSUNO
IN PIAZZA A ROMA SABATO PROSSIMO


La tragedia terribile che ha colpito il Giappone tiene il mondo e tutti noi col fiato sospeso.
Condividiamo un grandissimo sentimento di pena e di solidarietà per quel paese e quel popolo, l’angoscia per le vittime e per i sopravvissuti, una terribile ansia per l’emergenza nucleare. La natura fa il suo corso, rispettando un disegno assai più grande di noi umani. Ma certo gli umani riescono a fare di tutto per sfidare le leggi naturali e mettersi in pericolo. Riempire di centrali nucleari una zona altamente sismica è davvero una sfida al destino, tanto più sapendo che la scienza non è in grado di metterle al riparo da disastri.
Ma così è andata, e questo orribile catastrofe può almeno contribuire a evitare di produrne altre in futuro.
La Germania e la Svizzera hanno cambiato i loro piani nucleari. L’Austria chiede di ridiscutere le politiche europee. Gli Stati Uniti e molti altri paesi si interrogano sulle scelte energetiche e sulla sicurezza.
Il governo italiano, dopo aver tagliato gli investimenti sulle rinnovabili, ha tirato dritto fino a che ha potuto con le centrali, aiutato da esperti di parte e interessati, e ora accenna appena alla necessità di riflessione, più interessato ai consensi elettorali che alla tragedia.
Non c’è da riflettere, bisogna agire. L’Italia non deve tornare al nucleare. Noi alziamo la voce, perché Fukushima non deve accadere mai più, e nessuna parte del mondo deve più essere messa a rischio.
Mettiamo in campo un impegno straordinario per la manifestazione che aprirà la campagna referendaria per l’acqua pubblica e contro il nucleare il 26 marzo a Roma per dire: acqua per tutti, nucleare per nessuno.
Intercettiamo lo sgomento di tanti e tante, aiutiamolo a trasformarsi in partecipazione attiva e scelta consapevole, per un modo di vivere dove l’economia non possa farci più fragili e in pericolo di quanto già non siamo.
Il diritto alla vita e alla salute non può essere sottomesso alle logiche di mercato. La campagna referendaria è una occasione straordinaria per far valere questo semplice e fondamentale principio.Impegniamo ancora più fortemente la nostra associazione nei comitati referendari unitari per l’acqua pubblica e per fermare il nucleare.

sabato 5 marzo 2011

MEDITERRANEO: DALLA PARTE GIUSTA


MEDITERRANEO: DALLA PARTE GIUSTA

Con i giovani dei gelsomini - Sostenere la società civile del mondo arabo
Proteggere e accogliere i profughi - No all’intervento militare

CAMPAGNA DI RACCOLTA FONDI PER LE ORGANIZZAZIONI SOCIALI TUNISINE
CHE STANNO ACCOGLIENDO I PROFUGHI DALLA LIBIA

Il vento di cambiamento che soffia sul Mediterraneo porta con sé tante speranze ma anche molti rischi. Una intera generazione di giovani sta provando a caro prezzo a riprendere in mano il proprio futuro, a scrivere una nuova storia per il proprio paese e per il mondo intero, in mezzo a mille difficoltà. A quei giovani e quei popoli va offerto un sostegno concreto, adesso.

Noi vogliamo farlo, intanto aiutando la società civile tunisina a garantire accoglienza e assistenza alle decine di migliaia di profughi in fuga dalla Libia. Lo stanno già facendo, con pochi mezzi e tanta solidarietà.

Sostenere la società civile democratica dei Paesi che si affacciano sulla sponda sud del Mediterraneo è condizione essenziale per aiutare il processo di democratizzazione. Basta con gli interventi umanitari interessati, che si traducono in militarizzazione, neo-colonialismo e sfruttamento delle risorse locali.

I nord africani, i rifugiati africani, i libici che fuggono dalle violenze di Gheddafi vanno protetti e aiutati, sia nelle aree di origine che in Europa, lasciando aperte le frontiere - come ha chiesto l’UNHCR - e riconoscendo loro, in Italia e nei paesi dell’Ue, il diritto alla protezione temporanea.

Le politiche di rapina e di chiusura delle frontiere dell’occidente hanno prodotto povertà, sfruttamento e aiutato per decenni la repressione di qualsiasi forma di organizzazione sociale. Hanno contribuito a rafforzare regimi autoritari, consentendo il concentramento in poche mani di ricchezze e potere. Questa situazione può essere ribaltata, aprendo le frontiere e riconsegnando ai popoli arabi le proprie risorse attraverso il sostegno alla società civile.

Il riconoscimento del diritto a partire e del diritto a restare sono le due facce della stessa medaglia, è ciò che consente l’affermarsi di un reale processo di democratizzazione. Il ruolo delle istituzioni europee e dei governi è fondamentale. L’appoggio dato per anni ai dittatori impone oggi un’assunzione piena di responsabilità. Ma siamo anche convinti che ognuno di noi, per quel che gli compete, possa contribuire a scrivere una nuova pagina di storia in quell’area del mondo.

Per questo promuoviamo una raccolta fondi a sostegno dei profughi in fuga dalla Libia, fondi che consegneremo alle organizzazioni di base tunisine che sono presenti nelle zone di crisi e stanno già operando per l’accoglienza di decine di migliaia di persone.

Servono risorse per l’acquisto di tende e cibo sul posto, per evitare che la solidarietà si trasformi in arricchimento per qualcuno e in nuove forme di accaparramento dei territori.

La crisi in Libia non deve essere utilizzata per conquistare posizioni di potere nell’area. Non è tollerabile che ancora una volta una emergenza umanitaria sia utilizzata per garantire gli interessi economici, militari e strategici dei paesi ricchi.

Sostenere la società civile tunisina, accogliere e proteggere i profughi, aiutare la democratizzazione del Maghreb. Ciascuno di noi può fare la sua parte, dalla parte giusta.

Si può sottoscrivere sul conto corrente aperto presso Banca Etica intestato a
Associazione Arci – Il mediterraneo dei gelsomini. Iban IT06V0501803200000000136632

Per informazioni e versamenti chiamare anche il numero verde 800999977