domenica 17 luglio 2011

A Genova per riprendere il filo di una ricerca comune e il cammino verso un altro mondo possibile

Dieci anni fa, sull'onda delle suggestioni che riecheggiavano dal primo Forum Sociale di Porto Alegre, riempimmo le strade di Genova per contestare i potenti del G8 e denunciare le contraddizioni di una globalizzazione sbagliata. Le voci di una nuova coscienza civile irrompevano nella scena pubblica demolendo le certezze del pensiero unico. Quella che ci ispirava era un'idea semplice e rivoluzionaria: le grandi questioni del mondo non sono prerogativa esclusiva di stati e governi ma chiamano in causa il diritto di ogni essere umano a decidere del proprio futuro. Parlavamo di giustizia sociale, diritti umani, democrazia, sviluppo sostenibile, pace e cooperazione fra i popoli. Fummo aggrediti dallo Stato con una repressione brutale, senza precedenti nella storia repubblicana. Ma il tentativo di criminalizzarci non riuscì, perché quel movimento seppe evitare la spirale della violenza e difendere la sua autonomia. E in tutti questi anni ha continuato a intrecciare relazioni, riunire esperienze e culture diverse, seminare pensiero critico, diffondersi in mille vertenze e pratiche sociali. Avevamo visto giusto, perché ciò che allora paventavamo oggi sta accadendo. Avevamo ragione a sostenere che il mito liberista della crescita infinita è una follia, che il saccheggio delle risorse naturali avrebbe prodotto disastri; che l'arbitrio di un mercato senza regole avrebbe calpestato i diritti umani e impoverito milioni di persone; che il mondo sarebbe diventato ingovernabile senza una politica capace di mediare gli interessi in nome del bene comune; che le guerre non avrebbero portato più democrazia, ma altre ingiustizie e nuovi conflitti. Oggi tutto ciò è più chiaro agli occhi di tanti, ma anche questo non basta. Di fronte a una crisi dalla portata epocale, che è al tempo stesso economica, sociale, ambientale, culturale e democratica, dobbiamo cercare nuove risposte. Ripensare il rapporto con la natura, le risorse, il lavoro, i consumi; prendere atto dell'interdipendenza fra gli esseri umani, fra i contesti locali e la dimensione planetaria dei problemi; imparare a convivere e condividere; ripensare l'idea di sviluppo e gli indicatori del benessere dell'umanità. Ad ogni latitudine il mondo si interroga sulla possibilità di cambiare strada, e oggi le rivoluzioni della primavera araba ci dicono che il cambiamento può partire proprio dal sud del mondo. Popoli rapinati e oppressi da vecchi e nuovi colonialismi mettono a nudo il fallimento del liberismo e ci indicano la rotta di un'altra storia possibile: lotta alla povertà, sovranità alimentare, beni comuni, istruzione, libertà, democrazia. La storia ci insegna che dalle grandi crisi si può uscire con più diritti o più ingiustizie, con più democrazia o più autoritarismo, col progresso o l'arretramento di civiltà. L'esito non è scontato, e non saranno solo i governi e i poteri economici a scriverlo, ma anche le società che si fanno protagoniste del cambiamento. Per questo torniamo a Genova, per riprendere insieme a tanti e diversi soggetti sociali, il filo di una ricerca comune e il cammino verso un altro mondo possibile.


Per il programma delle iniziative clicca qui: http://www.genova2011.org/

Nessun commento: