Considerando la quantità di working poors, forte è il timore che aumentino i nuovi poveri anche tra le famiglie del ceto medio, spesso destinatarie di quelle agevolazioni. Stesso discorso per l’aumento delle aliquote IVA del 4%, tra l’altro molto legate al mondo della produzione artistico-culturale, a noi vicino. Anche la reintroduzione del ticket di 10 euro contribuisce a spostarne il peso verso i più deboli. Se aggiungiamo i provvedimenti su Ici e previdenza, è ancor più evidente chi pagherà la crisi, con una sottolineatura per donne e giovani precari, in un Paese in cui la percentuale di giovani disoccupati, già tra le più alte d’Europa, è in costante aumento. Se poi pensiamo all’ulteriore stretta sui Patti di Stabilità per gli Enti Locali, tremiamo all’idea di cosa accadrà alle politiche sociali e culturali di Regioni e Comuni. Avremmo voluto vedere un netto cambio di rotta rispetto alle ricette finora seguite in Italia e in Europa per affrontare la crisi che è economica, ma anche culturale e sociale. Crisi di degenerazione delle relazioni umane e sociali delle nostre comunità, col rischio - e lo stiamo vedendo - di pericolosi scivolamenti verso la guerra tra poveri, la paura del diverso, il razzismo...
Ci sarebbe piaciuto scommettere su politiche di sviluppo attente alla cura dei Beni Comuni e alla loro pubblicizzazione, agli investimenti sulla messa in sicurezza del territorio e del paesaggio. La rigenerazione urbana, l’investimento sulla sicurezza ambientale delle nostre città, la valorizzazione dei territori, delle eccellenze presenti, le imprese artigiane e contadine. Fuori dalla retorica della green economy, ma con scelte che in altri Paesi europei rappresentano il simbolo di una riconversione ambientale dell’economia, che inizia a produrre salute generale e occupazione. Ed ecco allora che diventa basilare capire quanto la nostra associazione, soprattutto i nostri circoli, siano fondamentali in questa fase, da un lato come presidi di socialità solidale, dall’altro come laboratori di cambiamento, sia di stili di vita e pratiche di consumo, sia soprattutto di nuova economia, alternativa, no profit, ma inseriti nel più generale contesto profit, che però deve cambiare anch’esso: non alla ricerca di una ‘umanizzazione’ di questa economia, ma verso la pratica di una altra economia, più solidale, più giusta, che protegga l’ambiente e di chi lo abita.
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